Una storia macabra, terminata col vento di scirocco che ha restituito i resti del cadavere amputato. Proseguono intanto gli interrogatori.
Genova – Tito e Bob, i due egiziani indagati per l’uccisione del barbiere di Genova, Mahmoud Sayed Mohamed Abdalla, hanno confessato il barbaro omicidio. Dagli interrogatori, nuovi particolari e dettagli sulla tragica fine del giovane.
Dalle dichiarazioni rese, sta venendo fuori con sempre maggiore chiarezza che Abdalla era deciso a cambiare lavoro. Probabilmente insoddisfatto dagli orari o dalla paga, oppure perché non andava più d’accordo con i gestori del negozio in cui prestava servizio (Tito e Bob), aveva chiesto a un titolare della barberia di Sestri Ponente di poter lavorare per lui.
È stato lo stesso titolare di Sestri ad aver raccontarlo agli inquirenti di essere stato minacciato da Tito e Bob. Quello che sappiamo è che non c’era ancora alcun contratto di lavoro, né alcun accordo definitivo. Il giovane barbiere avrebbe dovuto fare una prova presso il nuovo futuro datore.
È a quel punto che arrivano le prime intimidazioni da parte dei due rei confessi. Pare che poco prima dell’omicidio, questi si fossero recati presso un altro negozio che il barbiere “concorrente” aveva a Pegli, e chi qui avessero espresso in modo incisivo la loro contrarietà al fatto che fosse intenzionato ad assumere Abdalla, in quanto questo cambiamento – a loro dire – avrebbe causato una perdita di clientela. Seguì anche una telefonata carica di minacce, in cui veniva intimato al concorrente di non assumere Abdalla.
Stando ad alcune testimonianze, il giovane barbiere di Genova lamentava il fatto di stare in piedi molte ore al giorno per lavorare. Lo stipendio pare fosse di 1200 euro al mese: poco per la vittima, che diceva di avere bisogno di soldi per mandarli alla famiglia rimasta in Egitto.
In base al capo di imputazione, i due indagati, nel corso di una lite scoppiata proprio per la decisione di Abdalla di licenziarsi dalla barberia di Tito e Bob per andare a postare servizio in un altro negozio, hanno causato la morte del ragazzo, colpendolo almeno tre volte con un coltello.
E, infine, per occultare il delitto, dopo avere trasportato il cadavere da Genova a Chiavari all’interno di una valigia, gli hanno prima tagliato la testa e le mani e poi hanno gettato i resti in mare. Ma la natura (in questo caso il vento di scirocco) è stata loro sfavorevole e ha riportato i resti a riva. Della testa e delle mani amputate, invece, nessuna traccia.