L’uomo, oggi 64enne, titolare di una ditta a Torino, è stato indicato da un’informativa dei carabinieri come possibile autore del delitto.
Roma – In un’intervista rilasciata alla “Stampa”, Mario Vanacore, il figlio del portiere dello stabile di via Poma dove il 7 agosto 1990 venne trucidata Simonetta Cesaroni, segretaria presso gli uffici dell’Aiag (ente che gestiva gli ostelli della gioventù), si difende e racconta la sua verità sul giorno del delitto. In una relazione dei carabinieri è stato indicato come il possibile killer: avrebbe provato ad abusare di Simonetta e potrebbero essere sue sia la traccia di sangue di gruppo A lasciata sulla maniglia della porta che quella sul telefono dell’ufficio in cui fu uccisa la ragazza.
Vanacore assicura invece di aver visto Simonetta per la prima volta quando la ragazza era già morta e ricostruisce così i suoi spostamenti di quel giorno nello stabile romano: “Con papà e la mia matrigna abbiamo pranzato e siamo andati a dormire. Ci siamo alzati verso le 17. Siamo andati in farmacia, dal tabaccaio, in altri luoghi”. E aggiunge: “non è che con mio padre siamo stati sempre insieme. Poi abbiamo cenato e lui è andato a dormire dal signor Valle (un condomino), che era anziano”. In seguito “sono arrivati alcuni personaggi che hanno bussato alla porta e ci hanno chiesto se potevamo andare a cercare la ragazza in ufficio”, ed è seguita la scoperta del cadavere della giovane segretaria.
In base agli elementi raccolti dai militari, i genitori di Mario Vanacore, Pietrino e Giuseppa De Luca, avrebbero coperto le responsabilità del figlio, mentendo agli investigatori durante le indagini e coinvolgendo anche il datore di lavoro della vittima, Salvatore Volponi. Questa circostanza sarebbe stata confermata anche dalla commissione parlamentare antimafia della scorsa legislatura, che ha indicato che il portiere “scoprì il cadavere” di Simonetta Cesaroni “ore prima dell’ufficiale ritrovamento del corpo”. La commissione ha sostenuto che ci fosse un’attività “post delictum, intesa ad occultare il fatto omicidiario o quantomeno a differirne la scoperta, oppure persino ad attuare un qualche proposito di spostamento della salma dal luogo in cui fu poi rinvenuta”.
L’informativa dei carabinieri che mette nel mirino Mario Vanacore è arrivata qualche giorno prima della richiesta di archiviazione dell’ultima inchiesta sul delitto di via Poma, presentata dal sostituto procuratore Gianfederica Dito: secondo la Procura queste informazioni sono solo “ipotesi e suggestioni”, che non permettono di superare “le forti perplessità sulla reale fondatezza del quadro ipotetico tracciato”.