Undici appartamenti razziati dalla banda: denaro, gioielli, elettrodomestici di marca. Con i proventi dei colpi uno degli indagati aveva aperto un bar.
Livorno – Una volta scelta l’abitazione da svaligiare un componente della banda, vestito da rider, con la mascherina chirurgica a occultargli il viso e gli strumenti da scasso nel grosso zaino per le consegne, suonava il campanello per accertarsi se ci fosse qualcuno in casa. Ottenuto il “via libera” la banda entrava in azione razziando tutto il possibile per poi dileguarsi.
Era questo il modus operandi una gang composta da quattro uomini, di età compresa tra i 27 e i 43 anni, tutti con precedenti, che sono stati arrestati dai carabinieri con l’accusa di essere gli autori di almeno 11 furti in abitazione commessi nelle provincie di Livorno, Pisa e La Spezia, tra il 7 e il 19 di dicembre.
Le indagini sono iniziate lo scorso 11 ottobre a seguito di un furto commesso ai danni di una 87enne pensionata livornese. A casa della donna si era presentato un finto operatore del gas che, dopo averne carpito la fiducia e averla convinta della necessità di aprire le casseforti per scongiurare il danneggiamento del contenuto a causa di una presunta fuga di gas, le aveva sottratto monili e gioielli del valore di 30mila euro. Le telecamere dell’abitazione, acquisite dagli investigatori, hanno consentito di individuare e dare un nome al presunto autore, un 43enne residente a Sarzana. Le successive conversazioni telefoniche captate hanno poi consentito di estendere il raggio delle indagini con il coinvolgimento di altri soggetti, due fratelli di 28 e 30 anni residenti a Viareggio e un 27enne di Sarzana.
I malviventi, per effettuare i loro colpi, si muovevano su una Fiat Grande Punto bianca, intestata a un 44enne residente al campo nomadi di Ciampino a cui, per evitare il collegamento con i reati commessi sarebbero state apposte, mediante nastro biadesivo, targhe false replicanti quelle di auto dello stesso modello riprodotte ad arte.
La scelta delle abitazioni da svaligiare sarebbe avvenuta tenendo conto della presenza o meno di sistemi di allarme o telecamere deducendo, anche dal valore delle auto posteggiate, l’entità della refurtiva sperata e soprattutto la presenza di “zorli”, le casseforti in dialetto sinti. Sempre dalle indagini dei carabinieri è stato possibile accertare come gli indagati abbiano sistematicamente lasciato i propri telefoni cellulari presso le rispettive abitazioni al fine di crearsi un “alibi digitale”.
L’arco temporale dei furti è stato accuratamente pianificato e selezionato tra le 17 e le 20 così da poter approfittare dell’oscurità dovuta al periodo invernale per aggirarsi nei quartieri residenziali senza essere notati sfruttando anche il fatto che molte persone in quella fascia oraria ancora non sono rientrate nelle loro abitazioni.
Anche la scelta del guidatore della Fiat Grande Punto durante le azioni non sarebbe stata lasciata al caso, bensì condizionata dalla diretta conoscenza della rete stradale e, a seconda della zona, lasciata al 43enne sarzanese per l’area di La Spezia e del Massetano, ovvero al 28enne viareggino per quelle di Pisa e Livorno.
Da quanto emerso risulterebbe che gli indagati durante la ricognizione dei luoghi, si mantenevano in contatto con apparati ricetrasmittenti walkie talkie con cui sono riusciti a captare perfino le frequenze radio delle centrali operative di Polizia e Carabinieri e fornire immediato allarme nel caso di arrivo dei proprietari o delle forze dell’ordine.
In un’abitazione di San Giuliano Terme, l’8 dicembre, per mezzo di un flessibile, i malviventi sono riusciti ad aprire la cassaforte e ad asportarne il contenuto, consistente in gioielli e penne di valore, non disdegnando nemmeno di arraffare l’ultimo modello di aspirapolvere di una nota marca. Il 19 dicembre successivo, a Livorno, i malviventi, dopo aver messo a soqquadro tutto, hanno sradicato la cassaforte dal muro con tutto il contenuto di gioielli e soldi per un valore di 35mila euro.
Nella maggior parte dei colpi messi a segno, ovvero nei due già citati, ma anche in altri due furti a La Spezia il 7, il 9 e l’11 dicembre, a Cascina il 12 e il 18, e a Santo Stefano Magra il 14, i malviventi sono sempre riusciti a rubare un bottino ragguardevole in gioielli e contanti.
Solo in due casi il colpo non era andato a buon fine. In una circostanza erano riusciti a tagliare la cassaforte in un’abitazione di La Spezia il 7 dicembre, ma l’arrivo della moglie del proprietario li aveva costretti alla ritirata. In un altro caso, sempre a La Spezia il 9 successivo, hanno dovuto accontentarsi di due controller elettronici di una nota consolle per video giochi.
L’analisi dei movimenti bancari dei conti correnti del 43enne e della moglie ha consentito agli inquirenti di appurare che quest’ultimo, dal 9 dicembre, avrebbe avviato un’attività commerciale di bar con sede a Sarzana con regolare partita Iva.
Quello che ha insospettito gli inquirenti è stata la movimentazione di 7000 euro derivanti da due versamenti in denaro da 3500 euro ciascuno, che sarebbero serviti per l’acquisto della licenza commerciale. Tale disponibilità economica è apparsa quantomeno anomala considerato che il 43enne e la moglie non risultavano svolgere alcuna attività lavorativa ed essere stati anche percettori di reddito di cittadinanza dal 2019 al 2022.
Ciò è valso al 43enne sarzanese anche un’incriminazione per autoriciclaggio per aver impiegato i proventi dell’attività delittuosa nell’acquisto e nell’avvio di un’attività commerciale che è stata posta sotto sequestro preventivo.
La misura cautelare emessa nei confronti di tutti e quattro i componenti sarebbe ampiamente giustificata, secondo il GIP, sia dalla oggettiva gravità dei fatti, tenuto conto della loro reiterazione in un tempo veramente esiguo, sia dalla personalità criminale degli indagati, sia dalla stringente necessità di impedire contatti tra di loro e preservare lo sviluppo delle indagini.
Anche il pericolo di reiterazione del reato è stato ritenuto dal Giudice concreto ed attualissimo.