E’ quanto afferma in un video mandato in onda da Al Jazeera, e proiettato in aula al processo per la morte del ricercatore, un cittadino palestinese detenuto in una struttura carceraria egiziana.
Roma – “Giulio Regeni era ammanettato con le mani dietro la schiena e aveva gli occhi bendati. L’ho visto tornare da un interrogatorio, stremato dalle torture. Due carcerieri lo sorreggevano portandolo a spalla, mentre lo riportavano nelle celle.” Queste parole sono state pronunciate da un testimone, un cittadino palestinese che era stato detenuto in una struttura carceraria egiziana, in un video trasmesso da Al Jazeera e proiettato durante il processo in corso a Roma per la morte del ricercatore italiano.
In aula è stata ascoltata anche Irene Regeni, sorella di Giulio, che ha raccontato commossa: “Ricordo una telefonata di mia madre, che mi disse: ‘Hanno fatto tanto male a Giulio’. La parola tortura, però, l’ho sentita per la prima volta al telegiornale. Giulio era un ragazzo come tanti, amava divertirsi, per me era un esempio, il fratellone che mi dava consigli.”
Irene ha proseguito descrivendo il legame con suo fratello: “Avevamo visioni diverse: lui era un umanista, io una scienziata. Ma condividevamo le cose importanti, comunicavamo spesso via chat e email. Giulio era appassionato di storia e studiava l’arabo. Dopo la laurea triennale andò per la prima volta in Egitto. Era sempre curioso di conoscere culture diverse, in particolare quella egiziana. Era felice di andare lì, entusiasta per la ricerca sul campo.”