L’omicidio il 13 giugno 2022: la piccola doveva ancora compiere 5 anni. La donna ha confessato, ma non ha mai rivelato il movente.
Catania – Nel giorno in cui Elena avrebbe compiuto sette anni, la mamma, Martina Patti, è stata condannata per il suo omicidio, avvenuto nel giugno del 2002. La Corte d’assise di Catania, presieduta da Sebastiano Mignemi, ha accolto le richieste dell’accusa, rappresentata in aula dal procuratore aggiunto Fabio Scavone e la pm Assunta Musella.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, la giovane madre, rea confessa, uccise la figlia di cinque anni, Elena Dal Pozzo, colpendola con diversi fendenti, per poi seppellirla mezza nuda all’interno di sacchi neri in un terreno a pochi passi dalla villetta di via Euclide a Mascalucia, dove madre e figlia vivevano da sole dopo la separazione dei genitori due mesi prima.
Un omicidio che, in base alle carte dell’inchiesta, si era consumato nell’arco di 17 minuti, esattamente l’intervallo di tempo in cui i video in mano agli inquirenti riprendono la madre uscire di casa con la bambina e poi tornare nella villetta di Mascalucia senza Elena. Nelle ore successive Patti aveva inscenato il finto rapimento della bimba, attribuito ad un commando di criminali, e solo dopo che era stata messa di fronte “all’evidenza dei fatti” – cioè alle immagini delle telecamere – era crollata ammettendo il delitto.
Durante la requisitoria i pm hanno sostenuto la premeditazione della madre: “l’ha progettato sin dalla mattina: va a prendere la bimba all’asilo, la porta a casa e nel terreno dove la colpisce con il coltello mai ritrovato e poi ricorre alla strategia del sequestro, anche questo pianificato”. Nel corso del dibattimento era anche emerso che, nei giorni che precedettero il delitto, Patti avesse interrotto una relazione con un ragazzo conosciuto sui social, circostanza che secondo l’accusa avrebbe avuto un peso nel percorso che la condusse a pianificare l’omicidio della figlia, secondo alcuni messaggi inviati alle amiche vissuta dalla madre “come un problema”.