La Corte d’Assise di Pavia ha escluso l’aggravante della convivenza abituale: per Osman Bylyku era stato richiesto il massimo della pena.
Pavia – È arrivata oggi la sentenza della Corte d’Assise di Pavia, presieduta dal giudice Elena Stoppini, per l’omicidio di Anila Ruci, la donna di 38 anni, di origini albanesi, uccisa a Scaldasole, in Lomellina, il 19 aprile 2023. L’imputato, Osman Bylyku, 32 anni, anch’egli albanese e compagno della vittima, è stato condannato a 22 anni e 6 mesi di reclusione.
La pubblica accusa, rappresentata dal pm Diletta Balduzzi, aveva chiesto per lui l’ergastolo, ma la Corte ha deciso per una pena più lieve in quanto non ha riconosciuto l’aggravante della convivenza abituale, elemento che avrebbe potuto aggravare il quadro accusatorio.
Il delitto e le ferite sospette dell’imputato
Il corpo senza vita di Anila Ruci era stato trovato nella sua abitazione di Scaldasole, una tranquilla località della provincia di Pavia. L’autopsia stabilì che la donna era stata colpita con diverse coltellate, che ne avevano causato la morte per emorragia.
Poche ore dopo, proprio davanti alla casa, fu ritrovato ferito Osman Bylyku, che secondo la ricostruzione dell’accusa si sarebbe inflitto da solo le lesioni, per simulare un’aggressione e sviare le indagini. Un tentativo che non ha convinto gli inquirenti, che fin dall’inizio hanno ipotizzato un femminicidio maturato in un contesto di relazioni personali conflittuali.
Il processo: esclusa l’aggravante della convivenza
Durante il processo, la difesa di Bylyku ha cercato di smontare l’impianto accusatorio, sostenendo l’insussistenza di premeditazione e l’assenza di una convivenza continuativa con la vittima. Quest’ultima tesi è stata accolta dalla Corte, che ha escluso l’aggravante della convivenza abituale, portando a una condanna meno severa rispetto all’ergastolo richiesto.