Il PD ha provato a far passare nottetempo un emendamento che avrebbe posticipato l'applicazione della "spazzacorrotti" alle fondazioni legate ai partiti.
Va bene tutto. Va bene che in Italia, a momenti, ci sono più associazioni che persone; va bene che pretendere che una Commissione di garanzia sotto organico (problema endemico della magistratura) le passi al setaccio una per una può sembrare pretesa fin troppo ambiziosa. Di certo, però, la soluzione non può essere quella di nascondere la polvere sotto al tappeto, perché a quel punto “pensare male” diventa persino inevitabile.
Il ddl anticorruzione, cosiddetto “spazzacorrotti”, ha inserito l’obbligo di un’assoluta trasparenza per le donazioni ricevute dai partiti e ha poi inteso estendere tale disposizione anche alle fondazioni collegate ai partiti medesimi. Dunque, con le nuove norme, un sostegno economico alle fondazioni “politiche” sarà possibile solo acconsentendo alla pubblicità dei relativi dati.
La norma sulle fondazioni (e le associazioni) sarebbe dovuta entrare in vigore nel 2020, ma il deputato del PD Claudio Mancini non era d’accordo. Così, il nostro, ha presentato nottetempo un emendamento che rinviava l’introduzione della norma al 2021 (caricandosi sulle sue possenti spalle anche le perplessità di diversi esponenti di LeU, va detto).
“Un emendamento tecnico”, si è schermito Mancini, “gli stessi magistrati della commissione, nel corso di un’audizione alla Camera, hanno detto che i compiti sono aumentati esponenzialmente rispetto all’organico a disposizione”. Sarà certamente per questo che a tale emendamento non è stata data alcuna pubblicità. Sarà per questo che lo stesso è stato presentato giusto un attimo prima della chiusura del testo definitivo, quando erano tutti voltati da un’altra parte. Di certo non è perché il PD è letteralmente farcito di fondazioni amiche e far passare una norma del genere in un anno che si preannuncia elettorale avrebbe potuto causare più di un mal di pancia.
L’emendamento è stato ritirato (nonostante i voti favorevoli di PD, Cinquestelle e LeU): sono saltati per aria prima Renzi e poi Di Maio (coppia inedita). Per il primo una questione personale (“gli stessi che ci hanno fatto la morale sulla fondazione Open, che ha tutti i dati trasparenti e pubblica i bilanci, di notte in commissione salvano le loro fondazioni”), per il secondo un boccone indigeribile per il proprio elettorato (“una porcheria che va tolta, il decreto torni subito in Commissione”).
Per questa volta non se ne fa niente, ma va detto che certe belle trovate renderebbero populisti persino gli eremiti.