Svolta sulle bodycam per la tutela degli agenti, ma no ai codici identificativi

Ad annunciarlo il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni spiegando che è in arrivo un “emendamento del governo e della maggioranza”.

Roma – Le divise delle forze dell’ordine potrebbero essere presto dotate di telecamere. Ad annunciare la
svolta il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni spiegando che è in arrivo un “emendamento del governo e della maggioranza per prevedere le bodycam a tutela degli operatori delle forze di polizia che mai si sottraggono e si sono sottratti a verità e trasparenza”. Esclusa, invece, l’introduzione dei codici identificativi, definiti dal sottosegretario uno “strumento pericoloso e dannoso che incentiva le denunce facili e strumentali a danno dell’operato delle nostre forze di polizia che meritano riconoscenza e rispetto”.

Per Molteni, esporrebbero gli agenti a “una situazione di maggior pericolo e rischio” e “per questi motivi – ha sottolineato – governo e maggioranza hanno convintamente respinto” l’emendamento di +Europa al ddl sicurezza. Plauso dei sindacati di polizia per la novità in arrivo. “Accogliamo con grande favore l’annuncio del sottosegretario. Ora ci auguriamo che l’iter parlamentare si concluda presto” commenta il segretario generale del Sap, Stefano Paoloni. “E’ una nostra battaglia storica quella di introdurre non solo le telecamere sulle divise, ma anche sulle auto e in tutti gli ambienti in cui operiamo con persone sottoposte a misure di polizia, proprio per dare massima trasparenza al nostro agire e per tutelarci dalle false denunce nei nostri riguardi”.

Per il leader del Sindacato autonomo di polizia le bodycam “sono uno strumento moderno, al contrario degli identificativi che ci trasformano in bersagli”. Sulla stessa linea il leader dei Coisp Domenico Pianese. I codici identificativi sulle divise sono “una misura ideologia – dice – che da molti anni rappresentanti politici di una determinata area tentano di introdurre col presupposto che gli appartenenti a forze di polizia debbano essere posti sotto la lente d’ingrandimento in qualsiasi attività fanno. Ogni anno più di duemila agenti restano feriti durante manifestazioni di ordine pubblico o controlli del territorio” sottolinea Pianese che lancia una provocazione: “Noi riteniamo che il codice identificativo andrebbe usato nei confronti di manifestanti che abitualmente si macchiano di aggressioni o offese nei confronti delle forze dell’ordine durante le manifestazioni. Sarebbe una sorta di deterrente”.

Di diverso avviso Devis Dori e Filiberto Zaratti, capigruppo di AVS nelle commissioni Giustizia e Affari costituzionali della Camera. “Le bodycam sulle divise vanno bene, finalmente, ma non sono sufficienti senza i codici identificativi che la destra esclude perché ha una visione unilaterale dell’ordine pubblico – sottolineano -. Il parlamento europeo si è già espresso sulla necessità di adottarli: il sottosegretario Nicola Molteni dice addirittura che siano ‘contro le forze di polizia’ ma questa è una chiusura inaccettabile. Se accadono disordini tutti i protagonisti devono essere identificati e la trasparenza è a vantaggio di tutte le parti”.

A metterci sopra una pietra tombale è il presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri: “Non saranno mai approvati. Sono anni che lo dico, ma vedo che qualcuno tenta ancora di proporre questa misura
vessatoria e punitiva nei confronti del popolo in divisa. Si rassegnino. I codici identificativi non ci saranno mai, mentre avremo le bodycam per documentare le violenze di chi, nelle piazze, aggredisce gli appartenenti alle forze di polizia”.

Con una risoluzione del 2012 il Parlamento europeo ha sollecitato gli Stati membri ad introdurre il codice identificativo per gli agenti e l’Italia è uno dei pochi Paesi a non essersi adeguato. Anche se con soluzioni non identiche, sono 21 su 27 gli Stati che hanno adeguato le proprie normative interne in tal senso: Belgio, Bulgaria, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Grecia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia e Spagna. In Germania esiste in 9 Länder su 16. 

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