L’attacco dei 5 stelle: “Le nuove norme volute dalla maggioranza rendono più lento l’iter e compromettono l’efficacia dell’indagine.
Roma – Dopo l’annuncio, un mese fa, del viceministro alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto sulla riforma in arrivo sul sequestro dei cellulari, si torna a discutere della questione. Allora Sisto aveva annunciato: “riteniamo che questa misura debba passare dal giudice e non dal pubblico ministero. Seguendo la Corte Costituzionale, vista la differenza tra i documenti e le comunicazioni, come messaggistica, whatsapp eccetera, queste ultime devono essere soggette ai limiti di ammissibilità tassativi dell’articolo 266 del codice di procedura penale, perché questa diversa natura possa ottenere il dovuto riconoscimento“. Ora a parlare è il senatore e capogruppo di Forza Italia in Commissione Giustizia a Palazzo Madama Pierantonio Zanettin, primo firmatario del ddl sul sequestro degli smartphone.
Il ddl sul sequestro degli smartphone, spiega, “è nato a seguito dell’indagine conoscitiva sulle intercettazioni, svolta in Commissione Giustizia, e dalla necessità largamente condivisa di una norma che andasse nel senso di limitare e disciplinare meglio non solo il sequestro di questi dispositivi ma, soprattutto, l’acquisizione dei relativi contenuti, separando in modo netto ciò che è penalmente rilevante da ciò che non lo è. Il testo originario – aggiunge Zanettin – prevedeva che a questa attività provvedesse solo il PM in contraddittorio con le parti. Poi, a seguito di un’interlocuzione con il governo, il relatore ha stabilito, opportunamente, che questo lavoro sia fatto con un vaglio anche di giurisdizione, quindi attraverso un intervento del Gip”.
Peraltro, fa notare il capogruppo di Forza Italia in Commissione Giustizia a Palazzo Madama, “è previsto che in caso di ragioni di urgenza e di particolari esigenze investigative, il pubblico ministero possa prescindere dall’autorizzazione da parte del Gip, salvo poi ricevere la ratifica del provvedimento di sequestro. Le polemiche di questi giorni, dunque, sembrano figlie di una strumentalizzazione politica. Nessuno intende
ostacolare le indagini se ci sono delle ipotesi di reato, ma vogliamo tutelare la privacy, che è un diritto sancito dalla Costituzione“.
Ma il Movimento 5 Stelle continua a polemizzare. La capogruppo M5S in commissione Giustizia al Senato, Ada Lopreiato, attacca: “Le nuove norme volute dalla maggioranza sul sequestro degli smartphone puntano a rallentare la possibilità di sequestro ed acquisizione dei relativi dati. Stabilire che nei casi di sequestro dei cellulari, dai quali emergano conversazioni, comunicazioni o messaggi di posta elettronica, serva la doppia autorizzazione al gip significa rendere più lento l’iter e talvolta compromettere l’efficacia dell’indagine. La tutela della privacy dell’indagato è un’esigenza reale e a nostro avviso urgente, tanto è vero che il primo ddl in materia era proprio del M5S, a prima firma Scarpinato. Ma la procedura che proponevamo noi bilanciava al meglio le esigenze di privacy con quelle di efficacia e riservatezza delle indagini“.
Lopreiato continua nell’attacco alla maggioranza: “La proposta del governo Meloni indebolisce gli strumenti nelle mani dei magistrati. Strumentalizza la sentenza della Consulta nella misura in cui il testo del relatore estende l’autorizzazione del gip anche al sequestro di informazioni, programmi e dati informatici contenuti nel dispositivo. Lo spirito della sentenza della Corte è stato strumentalizzato al fine di rendere particolarmente difficoltoso l’utilizzo del materiale sequestrato. Infatti nel testo proposto dalla maggioranza, si impone l’autorizzazione del gip per l’acquisizione di materiale che allo stato non richiede l’intervento del gip (dati, documenti e programmi informatici) e la doppia autorizzazione nei casi di comunicazioni, conversazioni e mail”.
Unitamente alla norma del Ddl Nordio sul collegio dei tre gip per le misure cautelari, questa novità, conclude la capogruppo M5S in commissione Giustizia al Senato, “non farà che intasare il lavoro nei tribunali nonché creare stasi procedimentali in ragione delle incompatibilità che si creeranno nel proseguo dei giudizi, considerato anche che il governo non ne vuole sapere di fare massicce assunzioni straordinarie di magistrati, così come proposto da svariati nostri emendamenti. Non solo, nel testo del centrodestra vi è anche un problema di possibile anticipazione della discovery che comprometterebbe la segretezza delle indagini”.
Nei giorni in cui il tema è caldissimo con il caso del dossieraggio, il procuratore di Perugia Raffaele Cantone, incaricato dell’inchiesta sugli accessi abusivi agli archivi informatici da parte del finanziere Pasquale Striano, avrebbe mostrato dubbi sulla stretta sul sequestro degli smartphone. L’indagine su Striano avrebbe forse preso un’altra piega: “Nel suo cellulare abbiamo trovato tantissime prove, è da sottolineare nel momento in cui ci sono proposte di legge che limitano le indagini sui cellulari”, ha dichiarato Cantone.