La madre della diciottenne trucidata a Macerata nel 2018: “Da sei anni aspettavo questo momento. Ma non finisce qui”.
Macerata – E’ definitiva la condanna all’ergastolo per Innocent Oseghale, lo spacciatore nigeriano accusato di omicidio e di violenza sessuale nei confronti di Pamela Mastropietro. La giovane, 18 anni, fu stuprata e barbaramente uccisa a Macerata il 30 gennaio del 2018. Lo ha deciso la quinta sezione penale della Cassazione, rigettando il ricorso dell’imputato.
“Da sei anni aspettavo questo momento, è quello che speravo”, ha commentato Alessandra Verni, la mamma della ragazza trucidata. “Ma la mia battaglia non finisce qui”, continua riferendosi al fatto che la famiglia della ragazza ha sempre pensato ci possano essere altre responsabilità.
Pamela, 18 anni, all’epoca dei fatti abusava di droghe e alcol e per questo era entrata in una comunità di recupero per tossicodipendenti a Corridonia, nel maceratese. Il 29 gennaio 2018 si era allontanata, recandosi alla stazione di Corridonia-Mogliano accompagnata da un uomo, che le aveva dato un passaggio in auto in cambio di un rapporto sessuale. Lì la ragazza avrebbe voluto prendere un treno per fare ritorno a Roma, ma lo perse e accettò l’offerta di un passaggio da parte di un tassista locale in cambio di un altro rapporto. Poi il giorno dopo cercò di procurarsi della droga presso i giardini Diaz di Macerata, frequentati da numerosi tossicodipendenti. Qui incontrò Innocent Oseghale, uno spacciatore nigeriano di 29 anni con il permesso di residenza scaduto.
Tra il 30 e il 31 gennaio 2018 un passante notò la presenza di due valigie abbandonate in un piccolo fossato non lontano dal cancello di una villetta in Via dell’Industria, tra Casette Verdini e Pollenza, a pochi chilometri da Macerata. All’interno c’era il cadavere smembrato di Pamela Mastropietro. Secondo l’autopsia, la giovane era stata vittima di violenza sessuale e poi uccisa con due coltellate al fegato. Il cadavere era quindi stato lavato con candeggina nel tentativo di eliminare i residui organici, infine smembrato e occultato.
Le indagini dei Carabinieri portarono al ritrovamento dei vestiti della ragazza, macchiati di sangue, in casa di Innocent Oseghale, che venne accusato dell’omicidio insieme ai connazionali Desmond Lucky e Lucky Awelima. A questi ultimi in seguito è stata revocata la custodia in carcere per omicidio, diffamazione, distruzione e occultamento di cadavere, ma i due sono rimasti in prigione per spaccio di eroina, ricevendo nell’aprile 2019 una condanna di 4 anni e 8 mesi.
Il processo contro Oseghale iniziò, con rito ordinario, il 13 febbraio 2019. Le accuse contestate erano omicidio e violenza sessuale contro una vittima in condizioni di inferiorità, occultamento e distruzione del cadavere. Il processo si tenne con la presenza di Vincenzo Marino, ex boss della ‘Ndrangheta e compagno di cella di Oseghale, che riferì ciò che questi gli avrebbe confessato in cella: Oshegale avrebbe accoltellato Pamela, quindi avrebbe contattato un amico per farsi aiutare a occultare il corpo, iniziando col sezionarla da un piede; a questo punto la vittima avrebbe inopinatamente mostrato segni di vita e quindi Oshegale l’avrebbe nuovamente accoltellata.
Il processo si è concluso in primo grado con la condanna di Oseghale all’ergastolo e a 18 mesi di isolamento, condanna poi confermata dalla Corte d’assise d’appello del tribunale di Ancona il 16 ottobre 2020. Ma il nigeriano ha continuato dichiararsi innocente
Stamani amici e parenti della ragazza si sono riuniti davanti alla Corte di Cassazione per chiedere la conferma dell’ergastolo portando diversi striscioni. Uno recitava “Giustizia per Pamela”, un altro “Pamela voleva vivere e dei mostri le hanno spezzato tutti i sogni”. A sostenere la mamma di Pamela in questa ultima tappa della vicenda giudiziaria c’era anche Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela, la ragazza scomparsa ormai oltre 40 anni fa.