Strage di Erba, sì all’udienza per la revisione del processo a Olindo e Rosa

I legali della coppia condannata in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio di 4 persone nel 2006 avevano presentato l’istanza.

Brescia – La Corte d’Appello di Brescia ha emesso un decreto di citazione a giudizio nei confronti di Olindo Romano e Rosa Bazzi per l’udienza al termine della quale si deciderà sull’istanza di revisione del processo sulla strage di Erba. I due coniugi sono stati già condannati in via definitiva all’ergastolo. L’udienza è fissata per il primo marzo.

Rosa Bazzi e Olindo Romano pochi giorni dopo la strage

I fatti sono noti. La sera dell’11 dicembre 2006, intorno alle 20.20, divampa un incendio in un’abitazione al numero 25 di via Armando Diaz a Erba. Alcuni vicini di casa, tra i quali uno pompiere volontario, entrano nella palazzina e salgono le scale dirigendosi verso il primo piano, dove si trovava l’appartamento in fiamme. Qui, sul pianerottolo, trovano Mario Frigerio ferito alla gola e la porta dell’abitazione in fiamme socchiusa: all’interno, il corpo senza vita di Raffaella Castagna, 30 anni.

Dopo aver trasportato fuori il cadavere e condotto Frigerio fuori dalla struttura per metterlo al sicuro dal fumo, i soccorritori chiamano i rinforzi. Arrivano i vigili del fuoco di Erba, l’incendio viene spento ma nell’appartamento vengono trovati altri 3 corpi: si tratta di Paola Galli, la madre di Raffaella Castagna, del piccolo Youssef Marzouk, figlio di Raffaella, e della vicina di casa Valeria Cherubini, moglie di Mario Frigerio.

La scena del delitto

Le indagini appurano presto che Raffaella Castagna era stata aggredita e colpita ripetutamente con una spranga, forse mentre era di spalle. La donna, poi data alle fiamme, è morta a causa delle lesioni alla testa: era stata accoltellata 12 volte e poi sgozzata. Anche Paola Galli, Valeria Cherubini e il piccolo Youssef, due anni appena, erano stati uccisi a coltellate: il bimbo era stato colpito alla gola. Nella strage muore anche il cane di famiglia dei coniugi Frigerio, ucciso dal monossido di carbonio respirato in seguito all’incendio. Secondo i rilievi effettuati sul posto, gli aggressori sono due, uno dei quali mancino.

Gli inquirenti si concentrano subito sul tunisino Azouz Marzouk, marito di Raffaella e padre del bambino, ma al momento della tragedia l’uomo si trova in Tunisia per far visita ai genitori. Al rientro in Italia, Azouz si sottopone all’interrogatorio delle forze dell’ordine che confermano il suo alibi e iniziano le indagini su un possibile regolamento di conti compiuto contro di lui.

A insospettire gli inquirenti spingendoli a cambiare pista, però, è il “comportamento anomalo” dei due vicini di casa delle vittime, Olindo Romano e sua moglie Rosa Bazzi, che in passato hanno avuto contenziosi legali con Raffaella Castagna. I due si dimostrano stranamente disinteressati riguardo alla tragedia avvenuta, a differenza degli altri condomini che sconvolti chiedono rassicurazioni alle forze dell’ordine. Gli inquirenti decidono di sequestrare i vestiti dei due e di metterne sotto controllo l’abitazione e l’automobile. Parlando con loro, gli investigatori notano che entrambi hanno ferite alle mani e all’avambraccio ma sembrano avere un alibi, fornito da uno scontrino di McDonald’s.

Raffaella Castagna e il piccolo Youssef

Ma certo il comportamento dei due continua ad essere strano. Le intercettazioni ambientali aumentano i sospetti: mentre tutta Italia parla delle indagini, i due non affrontano mai l’argomento, secondo la difesa perché non ne sono coinvolti, per gli inquirenti invece perché la coppia sospetta di essere tenuta sotto controllo e quindi cerca lucidamente di evitare di fornire elementi utili all’incriminazione.

Il 26 dicembre, durante gli accertamenti tecnici sull’auto della coppia, gli inquirenti scoprono una macchia di sangue sul battitacco: appartiene, dicono le analisi, a Valeria Cherubini. Nel processo la difesa di Rosa e Olindo dirà che la macchia di sangue poteva essere arrivata sulla vettura “per contaminazione”, portata dagli agenti durante la perquisizione della vettura, dato che alcuni di loro erano gli stessi presenti al sopralluogo sulla scena del delitto.

Olindo e Rosa vengono fermati l’8 gennaio 2007 e arrestati dopo un lungo interrogatorio: Olindo è accusato di omicidio plurimo pluriaggravato, Rosa di concorso nel delitto. Due giorni dopo, ammettono separatamente di essere gli esecutori della strage: descrivono con minuzia i singoli atti e il tipo di ferite inferti alle vittime. Mario Frigerio, l’unico sopravvissuto, dice di aver visto Olindo sulla scena dell’omicidio; non cita Rosa, ma i rilievi attestano la presenza di un complice mancino, proprio come la donna.

Olindo e Rosa ridacchiano al processo

Il 10 ottobre successivo, dapprima Olindo e poi Rosa ritrattano la confessione e dichiarano di essere innocenti, suscitando le proteste dei parenti delle vittime. Due giorni dopo la coppia viene rinviata a giudizio. Il processo inizia il 29 gennaio del 2008 e nel corso della prima udienza, i due passano il tempo a scambiarsi effusioni. Quando in aula vengono proiettate le immagini del cadavere del piccolo Youssef addirittura ridacchiano. Olindo afferma che i carabinieri lo avevano spinto a confessare, promettendogli in cambio pochi anni di carcere e la scarcerazione di Rosa. Il 26 novembre successivo la Corte d’Assise pronuncia la sentenza di primo grado e i due coniugi vengono condannati all’ergastolo con l’isolamento diurno per 3 anni. La corte inoltre stabilisce i risarcimenti: 500 mila euro per i Frigerio, 60 mila per Marzouk e 20mila per i suoi genitori residenti in Tunisia. Due anni dopo, nel 2010, la Corte d’Assise d’Appello di Milano conferma l’ergastolo per Olindo e Rosa, con la misura supplementare dell’isolamento diurno.

L’unico sopravvissuto alla strage, Mario Frigerio, è morto nella notte tra lunedì 15 e martedì 16 settembre 2014 all’età di 73 anni causa di una malattia incurabile.

Eppure in questi anni c’è stato chi ha creduto nell’innocenza di Olindo e Rosa: in primis il sostituto pg di Milano Cuno Tarfusser, che aveva presentato la richiesta di revisione del processo. L’istanza era stata inviata lo scorso luglio dalla procura generale di Milano, ma con parere negativo sulla riapertura delle indagini perché, a parere dei magistrati milanesi, la richiesta era “inammissibile”, “infondata nel merito”, e non c’erano “nuove prove decisive”, come aveva spiegato la procuratrice generale Francesca Nanni. Oggi però il tribunale di Brescia ha deciso diversamente.

Lo scorso ottobre Fabio Schenbri e Luisa Bordeaux, i legali di Olindo e Rosa, avevano depositato alla Corte d’assise di Brescia l’istanza di revisione di condanna per i coniugi in base a supposti nuovi elementi tali da portare a un proscioglimento della coppia, in carcere dal 2007. ” Abbiamo allegato sette consulenze, audio e video e affrontato tempi più vasti”, ha spiegato l’avvocato. Tra gli argomenti, le modalità della morte di Valeria Cherubini che sarebbero “incompatibili” con la tesi di Olindo e Rosa colpevoli, le intercettazioni ambientali sul letto d’ospedale del sopravvissuto Mario Frigerio, uno studio sull’energia elettrica nella casa dell’eccidio, la testimonianza di Abdi Kais, mai sentito dagli inquirenti, e residente nell’abitazione di Erba, che venne poi arrestato per spaccio nella zona dove avvenne il massacro. Oltre 150 pagine, che la Corte d’Appello di Brescia ha deciso evidentemente di accogliere, convocando a giudizio Olindo e Rosa per il primo marzo.

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Stampa