I giudici della Corte d’appello di Brescia hanno dichiarato inammissibili le richieste di revisione della sentenza presentate dai coniugi.
Brescia – Non ci sarà alcun nuovo processo per Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati in via definitiva per la strage di Erba che causò quattro morti, tra cui un bambino di due anni, l’11 dicembre del 2006. I giudici della Corte d’appello bresciana hanno infatti dichiarato inammissibili le richieste di revisione della sentenza presentate dai coniugi e dal sostituto pg di Milano Bruno Tarfusser. Olindo Romano e Rosa Bazzi rimangono pertanto condannati all’ergastolo. I giudici dopo la camera di consiglio hanno dichiarato inammissibili le presunte nuove prove (tra consulenze tecniche e piste alternative) presentate dalla difesa.
A diciotto anni dalla sentenza di Cassazione, hanno così confermato la condanna all’ergastolo per la coppia accusata del massacro di Raffaella Castagna, del figlioletto di due anni Youssef, della nonna Paola Galli e della vicina di casa Valeria Cherubini, nel “condominio del Ghiaccio” del piccolo comune del Comasco, l’11 dicembre del 2006. Eppure Olindo e Rosa speravano che il caso non fosse chiuso. “Io ci spero davvero nella revisione”, aveva detto in una pausa dell’udienza l’ex netturbino.
I difensori – e sulla stessa linea il sostituto procuratore di Milano, Cuno Tarfusser che aveva presentato la richiesta – avevano messo in discussione la traccia di sangue trovata nell’auto dei coniugi, ma anche la testimonianza dell’unico sopravvissuto poi scomparso Mario Frigerio, oltre che le confessioni di Olindo e Rosa. Contro la revisione, la procura generale di Brescia che chiedeva l’inammissibilità di tutte le istanze. Secondo il team della difesa le confessioni sarebbero “false”, infarcite di “errori” e “discrepanze”. Le versioni fornite dai coniugi, che avevano confessato quando erano già in carcere ma poi avevano entrambi ritrattato, sarebbero diverse l’una dall’altra e dunque non sovrapponibili.
Non solo: la difesa della coppia, avvalendosi delle consulenze di alcuni esperti, insiste nel dire che quello per cui Figerio identificò Romano come l’aggressore fu un “falso ricordo”. Nel dicembre del 2006, data della testimonianza contestata, l’uomo aveva raggiunto “l’apice del suo deficit cognitivo”. Lo definiscono “soggetto cerebroleso” a cause delle ferite subite e all’intossicazione da monossido di carbonio causato dal fumo dell’incendio scoppiato nella corte di Erba. Il suo legale però assicura: “Era in grado di testimoniare”. Ma i giudici non hanno voluto dare seguito a questa tesi.
Anche oggi era presente in aula Azouz Marzouk, marito di Raffaella e padre del piccolo Youssef. “Aspettiamo e speriamo – ha affermato uscendo dal palazzo di giustizia di Brescia in attesa del verdetto – Io non ho nascosto niente, ho detto tutto, mi sono messo in gioco e avete visto come mi hanno dipinto i media, ma è importante che si riapra il processo”. E ancora, ha detto Marzouk, “spetta alla magistratura indagare bene su altre piste. L’importante per me è che esca fuori la verità. E’ questo quello che voglio: la verità”. Secondo lui gli assassini “sono dei professionisti, tutti sono stati assassinati nello stesso modo con un colpo alla gola preciso” e “il signor Frigerio è stato fortunato”. Il marito di Raffaella e padre di Youssef, due delle vittime, si è costituito parte civile anche se da tempo sostiene l’innocenza dei coniugi Romano.