La donna accusata di aver innescato l’esplosione che uccise tre carabinieri potrà finalmente essere interrogata. I fratelli negano ogni responsabilità.
Castel D’Azzano – Dopo settimane di ricovero per le gravi ustioni riportate nell’esplosione che ha causato la morte di tre carabinieri, Maria Luisa Ramponi ha lasciato l’ospedale veronese di Borgo Trento. Il suo destino, però, non è stato il ritorno a casa: la donna è stata immediatamente condotta nel carcere di Montorio, dove proseguirà le cure mediche necessarie nell’infermeria penitenziaria e dove si trova già detenuta insieme ai fratelli Franco e Dino.
L’esplosione del casolare di famiglia a Castel d’Azzano, avvenuta il 14 ottobre scorso, è costata la vita a tre militari dell’Arma – Marco Piffari, Valerio Daprà e Davide Bernardello – e ha provocato il ferimento di altre 26 persone. La stessa Maria Luisa Ramponi rimase gravemente ustionata su diverse parti del corpo e fu soccorsa dai vigili del fuoco già presenti sul luogo mentre vagava tra i detriti.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, l’esplosione sarebbe stata deliberatamente provocata per impedire l’esecuzione di uno sfratto, trasformando quello che doveva essere un intervento delle forze dell’ordine in una vera e propria carneficina.
Durante tutto il periodo di degenza ospedaliera, la donna è rimasta costantemente sorvegliata su disposizione della magistratura, in quanto destinataria di un’ordinanza di custodia cautelare. Le sue condizioni di salute, tuttavia, avevano impedito agli inquirenti di procedere con l’interrogatorio, momento cruciale per fare luce sulla dinamica dei fatti.
Ora che i medici hanno autorizzato le dimissioni, le indagini potranno finalmente entrare in una fase decisiva: nei prossimi giorni Maria Luisa Ramponi sarà ascoltata dagli inquirenti e dovrà fornire la sua ricostruzione di quanto accaduto.
Il suo racconto sarà determinante per confermare o smentire la linea difensiva adottata dai fratelli Franco e Dino. I due uomini, che secondo le loro dichiarazioni non si trovavano nell’abitazione al momento dell’arrivo delle forze dell’ordine e della successiva esplosione, sostengono la propria estraneità ai fatti contestati dalla Procura.
Gli inquirenti, tuttavia, non ritengono credibile questa versione. Pur considerando Maria Luisa una figura centrale nell’episodio, i magistrati sono convinti che i fratelli abbiano avuto un ruolo attivo e consapevole nella preparazione di quanto accaduto. L’accusa formulata dalla Procura è infatti quella di strage in concorso, ipotizzando una pianificazione comune del gesto criminale.
A sostenere la tesi accusatoria ci sarebbero numerosi elementi. Innanzitutto, le minacce pronunciate in passato dopo precedenti tentativi di esecuzione dello sfratto. Uno dei membri della famiglia Ramponi aveva esplicitamente avvertito le autorità che si sarebbero preparati all’arrivo dei “corpi speciali”, lasciando intendere la volontà di opporsi con la forza.
Proprio per questo motivo, e alla luce dei comportamenti violenti già manifestati in precedenti occasioni dai fratelli, quel giorno erano stati mobilitati i reparti speciali dei carabinieri insieme ai vigili del fuoco. Prima dell’intervento era stato effettuato un sopralluogo con droni che aveva individuato la possibile presenza di materiale esplosivo sia all’interno che sul tetto dell’edificio.