Il figlio dell’ex presidente del Consiglio non querelerà la deputata Fi, ma rende note le lettere inedite tra l’esponente Dc e il generale.
Roma – Le parole di Rita Dalla Chiesa su un presunto legame tra l’uccisione di suo padre e l’ex presidente del Consiglio Giulio Andreotti sono come pietre. Quello di Carlo Alberto Dalla Chiesa per la figlia, oggi deputata nelle fila di Forza Italia, “fu un omicidio politico”, dice ospite di Luisella Costamagna su Rai2 nella trasmissione Tango. Le reazioni sono innumerevoli, ma una su tutte irrompe nel dibattito: è quella di Stefano Andreotti, figlio dello storico esponente della Dc, che replica a quelle parole e addirittura capovolge la versione dei fatti (con tanto di carteggio tra suo padre e il generale): “Accusare mio padre di un suo possibile coinvolgimento in un omicidio o di avere rapporti con la mafia è uno schiaffo alla sua memoria e alla sua storia”. Si dice non sorpreso della figlia del generale che “ogni tanto dice queste cose” e sottolinea che ad aver chiuso la questione sono le sentenze dei giudici.
Sentenze che rispetto alle tante versioni e ricostruzioni mettono un punto su una verità giudiziaria. Stefano Andreotti preferisce ricordare, invece, quanto scrisse Andreotti nelle lettere che lasciò ai figli, da leggere all’indomani della morte avvenuta il 6 maggio del 2013. “Mio padre se ne è andato sereno, lui aveva una fede vera, in quelle righe che abbiamo letto la sera della scomparsa, c’era scritto ‘io giuro davanti a Dio di non avere avuto niente a che vedere con la Mafia, se non per combatterla, né con le uccisioni di Dalla Chiesa e Pecorelli‘”. E a supporto dei rapporti cordiali il padre e il generale, dopo essersi affidato ai suoi ricordi, in una lunga intervista con l’AdnKronos, rende noto uno scambio epistolare del 1979. Nella prima lettera -datata 3 settembre 1979- è Giulio Andreotti a rivolgersi al generale, scrivendo di aver apprezzato la sua scelta di restare alla guida del nucleo antiterrorismo, rinunciando di tornare a svolgere l’incarico di generale dei carabinieri.
“Caro generale -scrive Andreotti, che ha appena lasciato Palazzo Chigi dove è arrivato Francesco Cossiga- so che accettare la conferma all’incarico le costa, ma conosco anche il suo patriottismo e penso a quale effetto avrebbe avuto l’annuncio di una sua diversa soluzione e dobbiamo quindi ancor di più essere grati. Auguri di buon lavoro e cordialissimi saluti”. Il 16 dello stesso mese risponde Dalla Chiesa: “Le sono tanto grato per i sentimenti di solidarietà e di incoraggiamento che si è compiaciuto farmi pervenire, sapevo della sua benevolenza e – con una punta di presunzione – anche della sua considerazione, ma l’aver potuto leggere così gentili espressioni, in un momento di particolare travaglio interiore e quando più ambivo a un mio rientro nei ranghi e quindi nell’ombra mi ha fatto bene e mi è valso a quel po’ di ossigeno di cui avevo bisogno”, scrive il generale.
Il figlio del sette volte presidente del Consiglio Giulio Andreotti, Stefano, si dice “addolorato per le parole” di Rita Dalla Chiesa su un possibile coinvolgimento dello statista Dc nell’uccisione del generale Carlo Alberto dalla Chiesa con cui, ha assicurato, aveva “un rapporto di grande stima”. “Ogni tanto la figlia” del generale Dalla Chiesa “dice queste cose. Non so perché, ma non è una novità. Capisco umanamente che quando ti uccidono in modo così crudele un genitore è qualcosa che ti colpisce per sempre in maniera indelebile. Ma le sue accuse sono cose basate sul nulla. E questo mi dà dolore – ribadisce – perché vuol dire che non sono bastati i tanti anni trascorsi, né i processi ai quali è stato sottoposto, né le audizioni nelle quali ha spiegato più volte la verità dei fatti”.
Ma ci sono anche le “sentenze che parlano. Uno può anche dire che le sentenze lasciano il tempo che trovano, ma in quelle di Palermo e di Perugia – osserva Stefano Andreotti – è stato escluso in modo categorico che mio padre abbia avuto compromissioni con la morte del generale Dalla Chiesa”. Un uomo, “che aveva con mio padre “un rapporto di grandissima stima. Una stima che sottolineo era reciproca”. E poi, conclude, “aveva giurato davanti a Dio” di essere totalmente estraneo a questi fatti, “e per un credente come lui un giuramento era sacro”. Andreotti sceglie una ‘linea di difesa’ morbida, preferisce raccontare quello che sa, piuttosto che affidarsi ai legali per una eventuale querela. “Dalla Chiesa si assumerà le responsabilità di quanto detto, ma anche se ci fossero gli estremi per un’azione giudiziaria, non lo faremo, perché quello era lo stile di mio padre, lui non ha mai querelato nessuno“.
E se Stefano Andreotti non vuole adire le vie legali, la vecchia guardia democristiana non la vede allo stesso modo: Gianfranco Rotondi ha promesso vie legali contro Rita Dalla Chiesa e Carlo Giovanardi punta invece il dito contro il “modo barbaro di fare giornalismo, costruito sulla pelle di chi non si può più difendere e sempre rivolto ad infangare la grande storia della Dc”. Ma tornando ai fatti, Andreotti junior racconta ad Adnkronos un episodio “di cui fu testimone il giornalista Luigi Bisignani”. “Nei suoi uffici di San Lorenzo in Lucina, nei primi anni ’80 Dalla Chiesa venne ricevuto da papà, un lungo incontro, che secondo il racconto di Andreotti allo stesso Bisignani, vide il generale in lacrime, a raccontare a mio padre dei pessimi rapporti con il figlio, cosa che può avvenire tra persone che si stimano e sono vicine”.
Sui rapporti tra Andreotti e Dalla Chiesa, da sempre al centro delle ricostruzioni di storici e giornalisti, con qualcuno che ha ipotizzato scontri accesi tra i due e frizioni, a partire dal caso Moro, il figlio dell’ex premier smentisce: “Non è affatto così -dice Stefano Andreotti- . Tra loro ci furono rapporti sempre ottimi, che durarono nel tempo”. “Mio padre aveva grande fiducia nel generale, lo volle a capo del nucleo speciale anti-terrorismo, facendogli avere poteri che permisero grandi risultati contro le Brigate Rosse”. Dopo il ’79, Giulio Andreotti resta fuori dai governi, per poi rientrare solo nell”83 da ministro degli Esteri nel governo Craxi. “In quegli anni, prima del suo tragico omicidio -assicura il figlio- Dalla Chiesa passava a Roma e chiedeva di incontrarsi con mio padre, per scambiarsi idee e confrontarsi, incontri cordiali tra persone che si stimavano a vicenda”.
Stefano Andreotti fornisce una ricostruzione storica personale: “Mio padre sconsigliò a Dalla Chiesa di andare come Prefetto a Palermo, gli consigliò di farsi dare poteri maggiori, per poter coordinare la lotta alla criminalità, non soltanto siciliana”. Poi a settembre, dopo 100 giorni l’attentato in via Carini: il generale viene massacrato dalle raffiche di kalashnikov. “Mio padre restò colpito da quell’omicidio”, assicura, ma non andò ai funerali: “Mio padre non aveva ruoli di governo in quel momento, scrisse un sentito telegramma, inviato al fratello del generale, Romeo, nel diario di quei giorni troviamo poi parole di stima e cordoglio per Dalla Chiesa”, dice ancora Stefano, che con la sorella Serena ha curato una edizione critica dei diari del padre, negli scorsi anni. “Agli atti del tempo finì però una battuta dello stesso Andreotti, che giustificò la sua assenza alle esequie, spiegando di “preferire i battesimi ai funerali”. “E’ una battuta davvero infelice – ammette Stefano – ma certo non esprimeva il suo pensiero del tempo”.
Diversa la versione della figlia del generale che non è la prima volta che tira in ballo il nome dell’ex Presidente del Consiglio. Ospite di Peter Gomez Rita Dalla Chiesa aveva raccontato che nei diari di suo padre, “che poi Falcone mi fece leggere, ne parlai anche con Rocco Chinnici, c’era scritto di un colloquio che mio padre aveva avuto con Andreotti. E Andreotti gli aveva detto: ‘Attenzione perché chi si mette contro la mia corrente politica in Sicilia, poi torna con i piedi dalla porta”.