Eva Rea

SPOTIFY: UNO STATUS SYMBOL

Spotify ha annunciato quest’anno di aver superato i 200 milioni di utenti attivi ogni mese. E’ ben davanti ad Apple Music, che nel 2019 ha superato i 60 milioni di abbonati

Nel 2018 Spotify, il più grande servizio di streaming musicale al mondo, si è quotato in borsa. E il valore delle sue azioni si è rivelato superiore alle aspettative (la valutazione totale ammonta a più di 26 miliardi di dollari).

Invece di ricorrere a un’offerta IPO (offerta pubblica iniziale) la società si è quotata direttamente alla borsa di New York: Spotify ha potuto scegliere questo tipo di quotazione perché, essendo molto conosciuta, non ha avuto bisogno di un intermediario che ne promuovesse l’ingresso in borsa nei mesi precedenti all’esordio. Potete immaginare da soli quanto Spotify sia rinomato, per potersi permettere tutto questo: del resto è una piattaforma digitale che esiste dal 2006.

Aggiornamento dopo aggiornamento, Spotify trova nuovi modi per avvicinarsi maggiormente all’utente, rendendo il software sempre più sensibile. Un esempio lampante è quello della playlist intelligente “Discover Weekly”. Rispetto alle altre playlist del provider, le canzoni contenute al suo interno vengono sempre aggiornate in funzione dei gusti musicali dell’utente, raccolti e studiati dall’algoritmo in base a ciò che è stato ascoltato la settimana precedente all’aggiornamento.

Man mano che la fama di Spotify aumentava, aumentavano anche le strategie. Trovo interessanti alcune partnership realizzate; quella con Starbucks, ad esempio, ha dato la possibilità in USA, Canada e Inghilterra di utilizzare Spotify Premium a costo zero durante la consumazione del cappuccino; quella con Uber ha permesso a ogni utente premium di sincronizzare le due applicazioni e quindi di ascoltare musica durante la propria corsa.

Una novità più recente è il lancio di Spotify Kids, un’app disponibile solo per gli abbonati Premium Family e destinata ai bambini di età dai 3 ai 10 anni. Le tracce sono selezionate da esperti e sono provenienti da Disney, Nickelodeon, Universal Pictures, Discovery Kids, ecc.

Cerchiamo di capire insieme il tipo di cambiamento che la piattaforma ha portato nel mercato musicale.

Nel 2019 i dati in America sono questi: Apple Music ha circa 28 milioni di utenti paganti, mentre Spotify si trova leggermente indietro con un computo di circa 26 milioni di utenti Premium. Confrontando i risultati delle due piattaforme nell’insieme della mondialità, però, Spotify è il vincitore assoluto: ha annunciato quest’anno di aver superato i 200 milioni di utenti attivi ogni mese. E’ ben davanti ad Apple Music, che nel 2019 ha superato i 60 milioni di abbonati.

Con più di 40 milioni di brani all’interno della propria libreria a disposizione per gli utenti, Spotify vanta circa 113 milioni di persone che continuano ad usare il servizio gratuito offerto, finanziato dalla pubblicità, mentre i restanti 86 milioni di utenti hanno optato per un abbonamento premium che costa 9,99€ al mese (4,99€ per gli studenti universitari).

I cellulari non sono più solo mini macchine fotografiche professionali, ora sono la nostra fonte musicale: c’è stata una vera e propria rivoluzione digitale. Con l’avvento dello streaming è cambiato il concetto di “distribuzione della musica”. L’aspetto più positivo che i dati dimostrano è una diminuzione del reato di pirateria, le copie fisiche hanno lasciato spazio all’ascolto virtuale.

I giovani d’oggi non si recano più nei negozi di musica per comprare cd e vinili, ma agiscono autonomamente (potrei dilungarmi sulla sfumatura antropologica dell’isolamento che spesso ne consegue, ma non è questa l’occasione). Le radio sono poco ascoltate dalle generazioni degli anni 90’ e 2000, che preferiscono selezionare da sole la musica da ascoltare tra il gran numero delle librerie disponibili (le proposte musicali sul web aumentano a ritmi veloci proprio perché la distribuzione è digitale, creare un cd è meno costoso e Spotify offre la possibilità a chiunque di proporsi sul web con progetti musicali indipendenti).

Lo streamingfavorito dal download, ha accentuato una nuova forma di consumo di cui Spotify si è reso subito protagonista: la playlist. Considerate che la “top 100 global” di Spotify ha quasi 12 milioni di iscritti, mentre la “Top 50 Viral” 750mila.

Chi ha provato in questi ultimi anni a pubblicare musica conosce bene la differenza che corre tra la musica “semplicemente online” e quella selezionata nelle famigerate playlist editoriali, che portano progetti appena nati ad una visibilità incredibile, riscontrando subito decine di migliaia di ascolti. 

Succede che se un’artista riesce ad avere gli agganci per essere su una playlist molto seguita su Spotify, ha accesso ad una vetrina equivalente a quella di una comparsa in radio, o – perché no – in tv.  E’ comprensibile, quindi, come, nel 2019, essere o non essere in una playlist molto gettonata di Spotify sia ormai un elemento assolutamente decisivo per la carriera dei musicisti. Un vero e proprio status symbol.

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