Il partito accusa: “Governo non è mai riuscito a trovare un’alternativa produttiva per lo stabilimento. Troppo dispendiosa la conversione”.
Palermo – “Termini il riarmo! La scelta di riconvertire Termini Imerese a industria bellica è l’idea più illogica e insensata che si possa avanzare da un punto di vista logistico. E’ la dura presa di posizione della Segreteria del partito Siciliani Liberi. Lo “stabilimento della Fiat a Termini – si legge in una nota – chiuse ufficialmente il 31 dicembre 2011, oltre 13 anni fa. In questi anni, il governo non è mai riuscito a trovare un’alternativa produttiva per lo stabilimento. Il motivo: troppo dispendiosa la conversione e luogo inidoneo da un punto di vista logistico. Troppo dispendioso far giungere le materie prime per la produzione e creare il sistema per smistare il prodotto finito, proprio per i costi della logistica. Ora, quelli che fino a ieri erano i limiti di quello stabilimento divengono punti di forza e superabili”.
A favorire la riconversione degli stabilimenti dell’automotive in stabilimenti per la produzione di materiale bellico, “come al solito casualmente, – afferma il partito – è il solito personaggio politico italiano, parte della classe dirigente che in Sicilia è solo nata. Urso (ministro dell’Impresa e del Made in Italy), come Mattarella, espressione della classe dirigente siciliana che nulla, ma proprio nulla, ha fatto nel proprio mandato politico per valorizzare, difendere e promuovere il popolo siciliano. Questa classe politica con ruoli chiave nei palazzi romani ha solo promosso le carriere delle loro “code” siciliane. Unico risultato fino ad oggi – è l’accusa di Siciliani Liberi – è quello di essere percepita come zavorra per la Sicilia. La classe politica siciliana a Roma e a Bruxelles rappresenta il guinzaglio per la Sicilia, mentre i loro sodali in Sicilia rappresentano il collare. Collare e guinzaglio alle dipendenze del padrone internazionale, che utilizza la Sicilia come lo zerbino su cui ripulirsi e sottometterla agli interessi esterni ed estranei”.

E ancora, nella nota si parla di “scelta illogica in una logica bellicista, in una terra e in un’isola a vocazione di pace. La Sicilia, nei secoli, ha accolto culture estranee che hanno cercato di dominarla e che hanno finito per esserne dominate. La Sicilia, per storia, geografia, cultura e tradizione, è luogo di incontro e non di scontro. Chi ha voluto imporre e disporre di questa terra non ha fatto una bella fine, e in prossimità della ricorrenza del Vespro, ogni siciliano dovrebbe ricordarlo. La Sicilia venga disarmata e non riarmata. La Sicilia è già sede del più grande insediamento militare americano oltre i confini statunitensi, è sede del MUOS (sistema di controllo delle comunicazioni militari al centro del Mediterraneo) ed è anche sede di importanti centri di intelligence. Da siciliani, vogliamo tornare padroni della nostra terra. La Sicilia e le sue ricchezze vengano lasciate ai siciliani e non a disposizione di interessi estranei agli interessi dei siciliani”, concludono.
I parlamentari M5S Luigi Sunseri (Ars) e Ketty Damante (Senato), nelle scorse ore hanno commentato la notizia: “Se da un lato il governo nazionale afferma che non saranno toccati i fondi della politica di coesione per il riarmo europeo, veniamo a sapere dall’incontro pubblico che si è tenuto tra il vicepresidente esecutivo della Commissione europea Raffaele Fitto e il presidente della Regione Renato Schifani che il sito di Termini Imerese diventerebbe un sito di produzione di autoveicoli militari, mentre restano ancora fumose le intenzioni sull’impiego di risorse 2021-2027 per le vere criticità dell’isola, come emergenza idrica, dissesto idrogeologico ed energia”. “I fondi strutturali europei destinati alla Sicilia rappresentano un’opportunità fondamentale per lo sviluppo economico e sociale della nostra regione. È inaccettabile che queste risorse, pensate per migliorare la qualità della vita dei cittadini siciliani, possano essere dirottate verso spese militari o progetti non direttamente connessi alla crescita del territorio”, affermano Sunseri e Damante.

Diversa la posizione espressa da Nino Minardo, presidente della commissione Difesa della Camera dei deputati: “I fondi coesione devono essere impiegati per ridurre le disparità economiche tra le regioni italiane ma ciò non toglie che serva uno sforzo per creare le condizioni per un possibile sviluppo in Sicilia di un ecosistema adatto alle industrie della Difesa”. Secondo Minardo “l’industria della difesa in Italia vive un momento di forte espansione e rappresenta un settore strategico per l’economia, l’innovazione e l’occupazione qualificata. Non si tratta banalmente di produrre armi in Sicilia ma di creare le condizioni adatte per consentire alle industrie di questo comparto di investire in Sicilia al fine di incidere sul territorio con ricadute occupazionali e la promozione dell’innovazione tecnologica e le relazioni con il mondo dell’università e della ricerca”.