Sharon Verzeni, Moussa Sangare ritratta: “Non l’ho uccisa io”. Choc tra i familiari

Il 31enne reo confesso cambia versione in aula a Bergamo: perizia psichiatrica al via il 1° aprile. Il legale della famiglia: “Ritrattazione che fa soffrire ancora di più.”

Bergamo – Colpo di scena al processo per l’omicidio di Sharon Verzeni, la 33enne uccisa a coltellate la notte tra il 29 e il 30 luglio 2024 a Terno d’Isola, in provincia di Bergamo. Moussa Sangare, il 31enne che aveva confessato il delitto, ha ritrattato tutto durante l’udienza di oggi davanti alla Corte d’Assise di Bergamo: “Non è vero, non sono stato io,” ha dichiarato al termine della seduta, lasciando sgomenti i familiari della vittima presenti in aula, tra cui il padre Pietro. La ritrattazione arriva nello stesso giorno in cui è stato nominato il perito incaricato di valutare la capacità di intendere e di volere di Sangare al momento del fatto e la sua idoneità a stare in giudizio, un passo che potrebbe ridisegnare il corso del processo.

Sharon Verzeni, barista ed ex estetista, fu aggredita mentre passeggiava da sola in via Castegnate, colpita al torace e alla schiena da quattro fendenti mortali. Dopo un mese di indagini serrate, il 30 agosto 2024, Sangare, di origini maliane residente a Suisio, era stato fermato: ripreso dalle telecamere in bicicletta, aveva confessato di aver agito per un “raptus improvviso”, senza movente, dopo aver minacciato due minorenni con un coltello. “L’ho vista e l’ho uccisa,” aveva detto ai carabinieri, indicando dove aveva sepolto l’arma lungo l’Adda. Ora, a sette mesi dal delitto, la sua versione cambia radicalmente, riaprendo interrogativi su un caso che sembrava chiuso.

Il video che immortala Moussa Sangare in fuga la notte dell’omicidio

La perizia psichiatrica: 90 giorni per la verità

Il perito nominato dal giudice, la cui identità non è stata ancora resa nota, inizierà il lavoro il 1° aprile 2025 e avrà 90 giorni per depositare la perizia. Il 22 settembre, l’elaborato sarà discusso con i consulenti delle parti: Giacomo Maj, difensore di Sangare, e Luigi Scudieri, legale della famiglia Verzeni. La Corte d’Assise, accogliendo una richiesta della difesa, vuole chiarire se l’imputato fosse pienamente consapevole delle sue azioni e se possa affrontare il giudizio. La Procura di Bergamo, guidata dal pm Emanuele Marchisio, aveva invece sostenuto la lucidità di Sangare, contestandogli omicidio volontario con le aggravanti della premeditazione, dei futili motivi e della minorata difesa della vittima, per l’orario notturno e l’uso delle cuffiette da parte di Sharon.

moussa sangare
Moussa Sangare, a processo per l’omicidio di Sharon Verzeni

La famiglia: “Un dolore che si rinnova”

Luigi Scudieri, avvocato dei familiari di Sharon, non nasconde lo sconcerto: “Questa ritrattazione fa soffrire ancora di più una famiglia già distrutta. Sentire queste parole è un colpo durissimo.” Per Scudieri, il dietrofront di Sangare “dimostra ancor più la sua lucidità,” contraddicendo l’ipotesi di un’incapacità mentale. Pietro Verzeni, padre della vittima, presente in aula, è uscito visibilmente scosso, senza rilasciare dichiarazioni. La famiglia, che non ha mai accettato la tesi del “raptus” e ha sempre chiesto giustizia, ora si trova a rivivere un lutto mai elaborato, tra dubbi e speranze di verità.

Dalla confessione alla ritrattazione

L’omicidio di Sharon Verzeni aveva sconvolto Terno d’Isola e l’Italia intera. Le indagini, partite da un fotogramma sbiadito di un ciclista, avevano portato a Sangare grazie a telecamere, testimoni e tracce di DNA sulla sua bici. Dopo il fermo, l’imputato aveva ammesso di essere uscito di casa con quattro coltelli e di aver detto alla vittima: “Scusa per quello che ti sto per fare,” mentre lei, colpita, gli gridava: “Perché? Perché?”. Eppure, già allora, il movente restava un enigma: Sangare non conosceva Sharon, e la sua confessione parlava di un impulso inspiegabile. La ritrattazione di oggi getta nuove ombre: era davvero lui l’uomo in bicicletta? O la sua confessione iniziale nascondeva altro?

Sangare rischia l’ergastolo

Il processo, avviato con rito immediato il 25 febbraio 2025, ora dipende dall’esito della perizia. Se Sangare fosse ritenuto incapace di intendere e di volere, potrebbe evitare il carcere per un ospedale psichiatrico giudiziario; in caso contrario, rischia l’ergastolo.

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