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Lavoratori come schiavi: commissariata società di vigilanza

Paghe da fame, mobbing, pressione psicologica e minacce. Questo l’ambiente lavorativo dei 9mila dipendenti della società.

Como – I finanzieri del comando provinciale, nella giornata odierna, stanno dando esecuzione a un provvedimento emesso dal tribunale di Milano con il quale è stato disposto il controllo giudiziario nei confronti di una società leader nel mercato della sicurezza e della vigilanza privata.

Il decreto è stato emesso per l’ipotesi di reato di sfruttamento del lavoro a seguito delle indagini, svolte dal nucleo di polizia economico-finanziaria, che hanno consentito di accertare come una società cooperativa, al fine di proporsi sul mercato con prezzi oltremodo competitivi, abbia effettuato azioni di sfruttamento del lavoro approfittando dello stato di necessità dei suoi attuali oltre 9.000 lavoratori; in particolare, viene loro corrisposta una remunerazione oraria di 5,37 € lordi, pari a una retribuzione mensile di circa € 930 lordi e 650 € netti.

In tale contesto, la quasi totalità dei dipendenti si rende disponibile ad accettare prestazioni straordinarie di lavoro in quantità abnorme per il raggiungimento di uno stipendio che possa garantire il livello minimo di sopravvivenza. Oltre alla sproporzione retributiva, sono stati inoltre rilevati, nei confronti dei lavoratori, atti di violenza (specialmente verbale), minacce e intimidazioni, per lo più correlate alla perdita del posto di lavoro o all’assegnazione a postazioni molto lontane dal luogo di residenza, nonché a postazioni lavorative connotate da condizioni di precarietà, quali carenze igienico-sanitarie, insalubrità o pericolosità intrinseche.

La società di vigilanza denunciata ha sfruttato i 9 mila dipendenti

Le indagini hanno inoltre consentito di rilevare la sostanziale inesistenza della partecipazione dei soci lavoratori alla direzione della cooperativa e la sua eterodirezione da parte dei vertici della principale società committente; le condizioni di sfruttamento dei lavoratori hanno svolto una funzione di volano per gli introiti di quest’ultima, il cui fatturato è raddoppiato dal 2016 ad oggi e l’ha collocata tra le aziende leader in Italia nel settore.

Il tribunale di Milano, stante la gravità ed il perdurare delle situazioni accertate, nonché le imponenti dimensioni aziendali in termini di fatturato e lavoratori impiegati, ha ritenuto necessaria la nomina di un amministratore giudiziario che affiancherà l’imprenditore indagato per il delitto di caporalato (fatta salva la presunzione di innocenza delle persone sottoposte ad indagini preliminari, nonché la possibilità per le medesime di far valere, in ogni fase del procedimento, la propria estraneità ai reati per cui si procede) nella gestione dell’azienda e controllerà il rispetto delle norme e delle condizioni lavorative la cui violazione costituisce indice di sfruttamento lavorativo e procederà alla regolarizzazione dei lavoratori.

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