In un mondo policentrico il Vecchio Continente è l’unico attore che si ostina a non avere una politica estera autonoma. E infatti paga dazio.
L’effetto boomerang delle sanzioni contro la Russia, una verità che nemmeno i più zelanti sostenitori dei 12 “pacchetti” confezionati dall’Europa per minare l’economia di Mosca possono ormai smentire, rischiano di produrre una ricaduta politica più importante di quella economica, già di per se drammatica almeno per il Vecchio Continente. Il loro fallimento, infatti, sta lì a dimostrare l’impossibilità dell’Occidente – Europa più Stati Uniti – a sanzionare chicchessia, perfino i cosiddetti stati canaglia, senza un preliminare accordo con il resto del mondo, in particolare Cina e India.
E’ la plastica dimostrazione di come la globalizzazione abbia sgretolato il precedente mondo unipolare, quello nato con la fine della Guerra fredda, di fatto a conduzione americana, traghettandoci in un orizzonte costituito da una serie di poli economici, col tempo divenuti anche militari, capaci di sovvertire l’ordine costituito e cambiare le gerarchie mondiali.
Dall’inizio della guerra in Ucraina gli Stati Uniti, seguiti a tambur battente dalla zelante Europa, hanno provato inutilmente a isolare economicamente la Russia, escluderla dal sistema finanziario internazionale con la speranza di strangolarla e ridurla a più miti consigli. E’ accaduto invece esattamente l’opposto. Mosca ha cercato e trovato, non solo con la Cina, canali alternativi la cui attivazione di fatto ha messo in discussione l’egemonia americana fondata sul ruolo sovrano del dollaro.
Finora le sanzioni hanno avuto un effetto negativo sull’Europa – inflazione trainata dall’aumento del costo delle materie prime e Pil sull’orlo della recessione – insignificante sugli Stati Uniti e benefico per tutti gli altri, paese sanzionato compreso.
Ben lungi dal sentirsi strangolata, la Russia ha fatto recentemente sapere che il 99% del suo petrolio venduto all’estero viene pagato più della soglia fissata dal price cap introdotto dai paesi occidentali poco meno di un anno fa. Nel frattempo l’Europa paga oggi il gas il quadruplo rispetto agli Stati Uniti. Quello a basso costo proveniente dalla Russia è stato infatti rimpiazzato in gran parte dal più caro gas liquefatto proveniente soprattutto dal Qatar e dagli stessi Usa, con inevitabili ricadute sulla competitività delle industrie europee.
Al contrario i paesi dell’orbita Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) oltre a Turchia, e Kazakhstan, hanno tratto vantaggio dalle misure contro Mosca, visto che export e import che prima avvenivano con l’Europa sono stati dirottati verso queste destinazioni. E i nuovi acquirenti del petrolio russo, Cina in primis, si sono giovati di una materia prima a prezzi ribassati, vista l’urgenza di Mosca di sostituire l’Occidente come compratore, in grado di garantire alle proprie aziende un aumento di competitività.
La guerra russo-ucraina con le sue ricadute economiche e geopolitiche ci ha messo di fronte alla novità di un mondo policentrico, senza un effettivo padrone in grado di dettare l’agenda a tutti gli altri, a meno che qualcuno, leggi l’Europa, non decida spontaneamente di farsi ancella, rinunciando a giocare la nuova partita, accodandosi fuori tempo massimo agli States. Scelta che per il momento ci ha portato soltanto lacrime e sangue.