Le autorità intensificano la lotta al traffico di sostanze stupefacenti nelle aree rurali, individuando una enorme piantagione di papavero da oppio.
Siena – L’attività di prevenzione e repressione, che sta interessando, prevalentemente, i luoghi frequentati da collettività giovanile, le più importanti strade di accesso alla città, nonché le aree destinate alla confluenza dei trasporti urbani ed extraurbani, non trascura il presidio degli spazi rurali e dei piccoli centri, con particolare attenzione alla prevenzione e repressione della coltivazione illecita di piante dalle quali ricavare sostanze stupefacenti.
La particolare conformazione del territorio, a spiccata vocazione agricola, ha determinato il comando provinciale nel tempo a creare un vero e proprio dispositivo permanente di ricognizione delle aree rurali, ricorrendo in qualche caso anche ad unità aeree del Corpo, particolarmente intensificato nel periodo tardo primaverile ed estivo, alla luce delle migliori condizioni ambientali per la crescita di tale tipologia di piante.
L’attenzione dei militari, proprio durante un servizio nell’ambito di tale dispositivo di contrasto al traffico di sostanze stupefacenti, nel territorio del Comune di Gaiole in Chianti, è stata catturata dal particolare colore e dalla forma della pianta e del bulbo del papavero da oppio, che si distingue dal papavero comune per il colore violaceo e per il verde intenso dello stelo, si tratta infatti di fiori dall’aspetto che non passa inosservato.
I finanzieri hanno individuato un terreno sul quale erano state poste a dimora alcune aiuole, particolarmente curate, in cui erano coltivate le piante del papavero da oppio. Le tempestive attività di appostamento sul luogo, hanno consentito di identificare il soggetto che ne curava la manutenzione e la coltivazione, un cittadino indiano di 56 anni, e di perquisirne l’abitazione.
All’esito delle ricerche, sono state rinvenute piante da papavero da oppio coltivate, delle quali 202 nel terreno e 77 presso l’abitazione, ubicate sul balcone in fioriere protette da pannelli in plastica (per impedirne la vista dall’esterno) ed ossigenate con 2 apparati di ventilazione.
Le spiegazioni offerte ai militari dal soggetto e dai suoi familiari sono apparse subito contraddittorie ed inverosimili, infatti hanno cercato di giustificare la coltivazione con non meglio precisate esigenze di carattere terapeutico, ancorché non autorizzate, o quale ingrediente di dolci tipici fatti in casa.