Scontro governo-toghe, Patarnello: “Non mi pento delle mail su Meloni”

L’esponente di Magistratura democratica dopo le polemiche annuncia la sua candidatura alle prossime elezioni per il Cdc dell’Anm.

Roma – Lo scontro tra giudici e governo non ha negli ultimi mesi momenti di tregua. Uno dei magistrati finito al centro delle polemiche per le sue parole contro la premier Meloni, non fa nessun passo indietro. Marco Patarnello, esponente di Magistratura democratica, a un mese e mezzo dalle polemiche innescate dalla famosa mail in cui definì l’attacco alla giurisdizione del governo Meloni “più pericoloso e insidioso” di quanto accaduto ai tempi di Berlusconi, annuncia la sua candidatura alle prossime elezioni per il Comitato direttivo dell’Associazione nazionale magistrati.

Il sostituto procuratore generale della Cassazione spiega in un’intervista al Corriere della Sera, che non si pente delle sue parole: “Non vedo ragioni di pentimento. Si trattava di uno scritto destinato ai colleghi dell’Anm, ed era un invito ad essere uniti e mettere al centro gli interessi della giustizia e della giurisdizione. La maggioranza di governo è riuscita a raccogliere un consenso significativo intorno ad alcune proposte di trasformazione della giustizia, che io considero pericolose per l’assetto costituzionale dei poteri e per le garanzie dei cittadini”.

“Magari la mia è una valutazione sbagliata, – prosegue – ma l’unico modo per stabilirlo è confrontarsi lealmente sugli argomenti. Nel rendere accettabili quelle proposte, una parte importante la gioca il fatto che la presidente del Consiglio non ha ragioni personali, a differenza di altri. Questo impone alla magistratura associata un doppio onere, maggiore rispetto al passato: essere in grado di rivolgersi al Paese, con argomentazioni che rendano chiari gli effetti di quelle iniziative, negativi per i cittadini, non per noi; e poi fare i conti con noi stessi, chiedendoci quali errori abbiamo commesso, da magistrati, e come possiamo impegnarci per migliorare il servizio che rendiamo ai cittadini. Le due cose devono stare insieme”.

Secondo Patarnello, non si tratta di opposizione politica: “In materia di giustizia? No. Io credo nel primato della politica e ho rispetto per la sovranità popolare. Avere il consenso e la maggioranza parlamentare vuol dire avere la legittimazione politica per governare e fare le scelte nell’interesse del Paese, ma la democrazia è tale perché chi vince governa, non comanda; sono cose diverse”. Eppure anche nella magistratura si era registrata una spaccatura sulla ormai nota mail con cui Patarnello tirava in ballo le toghe politicizzate preoccupate di contrastare l’azione di Giorgia Meloni e del suo governo. Mentre Magistratura Democratica pubblicava integralmente il contenuto di quella mail parlando di reazioni esorbitanti delle più alte istituzioni politiche e organi d’informazione, Magistratura Indipendente aveva assunto una posizione opposta.

“Le recenti affermazioni di un collega, che hanno avuto ampia risonanza mediatica, ci impongono una riflessione che, senza alcun intento polemico, è essenziale per la vera salvaguardia dei principi di autonomia e indipendenza della magistratura”, dissero i togati di Mi. Nella nota Magistratura indipendente sottolineava che il “presidente del Consiglio dei Ministri, di qualsiasi partito politico, non è mai un avversario da fermare o da combattere, ma un interlocutore istituzionale da rispettare. Sempre – scrivevano nel testo la presidente, Loredana Miccichè, e il segretario generale Claudio Galoppi -. Deflettere da questo principio significa indebolire la funzione giudiziaria compromettendone il ruolo e la funzione costituzionale. Essere e apparire indipendenti è la prima condizione per la credibilità della magistratura che mai deve essere coinvolta nelle contingenti vicende e contrapposizioni politiche. Di questa sensibilità, condivisa da moltissimi colleghi, vogliamo essere chiari e coraggiosi interpreti, difendendo sempre l’indipendenza della giurisdizione”. 

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