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Scandalo al tribunale: arrestati un giudice e 4 professionisti

Venivano assegnate nomine in cambio di favori. Sono state eseguite le ordinanze di custodia cautelare a carico di un giudice, un avvocato e tre commercialisti. Ecco i nomi.

Lecce – Su disposizione della procura della Repubblica di Potenza, i finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della città salentina hanno dato esecuzione a 5 misure cautelari personali (arresti domiciliari) e reali (sequestri preventivi diretti e per equivalente), emessi dal GIP del tribunale di Potenza per i reati di tentata concussione, tentata estorsione, estorsione consumata e per più ipotesi di corruzione in atti giudiziari. Raggiunti dalla misura cautelare sono Pietro Errede, attualmente giudice presso il tribunale di Bologna, all’epoca dei fatti in servizio quale giudice delle sezioni Fallimentare/Esecuzioni immobiliari, nonché misure di prevenzione del tribunale di Lecce, ed i professionisti salentini – a vario titolo titolari di incarichi giudiziari ovvero di incarichi professionali ottenuti nel contesto di procedure giudiziarie, quali curatele, amministrazioni giudiziarie in sede di misure di prevenzione, procedure esecutive immobiliari e liquidazioni giudiziarie – Massimo Bellantone, Russi Alberto, Paglialunga Marcello e Liaci Emanuele.

Le indagini, avviate nel settembre 2021 sulla base di circostanziate denunce, si sono sviluppate – grazie all’indispensabile supporto del Nucleo di Polizia economico-finanziaria della GdF di Lecce – attraverso escussioni testimoniali, intercettazioni telefoniche ed ambientali, acquisizione di copiosa documentazione, studio di tabulati telefonici, messaggistica e atti giudiziari, attività svolte con grande professionalità dalle fiamme gialle anche con il diretto coinvolgimento di magistrati di questo ufficio.

Si ritiene in proposito necessario sottolineare, non solo l’essenziale apporto delle attività d’intercettazione e delle investigazioni informatiche e bancarie, ma anche come le dichiarazioni di alcuni testi e parti offese, scrupolosamente verificate e riscontrate, siano state un decisivo contributo che ha consentito di acquisire un quadro indiziario, ritenuto grave dal Gip, dimostrativo di un uso strumentale dell’attività giudiziaria utilizzata per procacciare utilità personali non solo al magistrato sopra indicato (vacanze, preziosi, device, feste ecc.), ma anche ai professionisti che ruotavano intorno a lui che beneficiavano degli incarichi dati dal magistrato e che per questo lo ricambiavano. In questo contesto si accertava, sempre a livello di gravità indiziaria, che presunti intermediari del dott. Errede (in questa vicenda estraneo ai fatti) — in particolare gli indagati Massimo Bellantone (in relazione al quale il Gip ha ritenuto sussistente la contestata forma consumata ) ed il compagno del dott. Errede, avv.to Russi Alberto (in relazione al quale il Gip ha ritenuto dimostrata l’estorsione tentata e non consumata )- costringevano (all’insaputa di Errede) soggetti privati le cui aziende erano sottoposte ad amministrazione giudiziaria a pagare loro il corrispettivo di 20.000 euro per un Rolex, in realtà già pagato realmente, anche se ad un prezzo vantaggioso, dal dott. Errede, somma che, in realtà, non risultava, poi, corrisposta dai predetti al giudice Errede.

Dunque, le dinamiche, oggetto delle presenti indagini, complessivamente hanno disvelato, a livello di gravità indiziaria e ferma restando la doverosa verifica nelle successive fasi processuali, non solo un abuso delle pubbliche funzioni da parte del dott. Errede, non solo l’approfittamento della condizione di vulnerabilità di soggetti sottoposti ad amministrazione giudiziaria in sede di misure di prevenzione, ma, anche, un meccanismo di reciproco scambio, fondato, da una parte, sulla assegnazione degli incarichi maggiormente remunerativi da parte del giudice a vari professionisti (curatoti, amministratori/controllori giudiziari e/o coadiutori) e, dall’altra, sull’ottenimento da parte del giudice di regalie ed altre utilità. Nel descritto contesto, e sulla base degli indizi raccolti, sono stati adottati dal Gip provvedimenti di sequestro preventivo nella forma diretta o per equivalente, nei confronti dei medesimi indagati pari al prezzo del reato ovvero al profitto illecito conseguito.

Deve infine rappresentarsi che il Gip di Potenza, in relazione ad ulteriori episodi di corruzione in atti giudiziari e tentata concussione contestati, ha motivatamente ritenuto, per ragioni di carattere giuridico o probatorio, di non condividere l’impostazione accusatoria. Tale decisione viene doverosamente rispettata ed è dimostrativa, ancora una volta, della terzietà del giudice. Per tali aspetti, tuttavia, la stessa sta per essere impugnata da parte di questo Ufficio e, quindi, sarà oggetto di appello i innanzi al tribunale del Riesame di Potenza. Si evidenzia che il procedimento penale è ancora nella fase delle indagini preliminari sicchè, doverosamente, vale il principio di presunzione d’innocenza per tutti gli indagati, fino a sentenza irrevocabile di condanna.

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