DOPO INTOPPI BUROCRATICI, DISACCORDI E RIPICCHE POLITICHE, UN GRUPPO DI IMPRENDITORI E MECENATI RESTITUISCE ALLA CITTA’ IL VALORE DELLA CULTURA
Sassuolo (Modena)– Era il giorno di Natale del 1930, quando a Sassuolo fu inaugurato il teatro Carani in stile tardo liberty, progettato dall’ingegnere Zeno Carani di Modena, grazie ai finanziamenti dei cugini sassolesi Eugenio e Mario Carani.
Un teatro con un’attività piuttosto intensa: proiezioni cinematografiche, spettacoli lirici, concerti, balletti, operette, rappresentazioni dialettali. Un contenitore culturale della capitale mondiale della ceramica, che ha ospitato diversi big del mondo dello spettacolo tra cui Teo Teocoli, Lucio Dalla, che proprio qui tenne il suo ultimo concerto italiano pochi giorni prima della scomparsa, Luca Carboni, Ornella Vanoni.
Mancavano pochi minuti alle 23, quando la sera del 24 ottobre del 2014 si verificò il crollo parziale del controsoffitto di 15 mq nel corridoio di accesso al loggione: vennero fatte evacuare 500 persone, per lo più bambini delle scuole elementari e medie di Roteglia (RE) che stavano assistendo al musical Condominio 51, un sogno in Paradiso. Fortunatamente non si registrarono feriti, ma il giorno seguente venne dichiarata l’inagibilità della struttura nella delibera firmata dall’ex sindaco Claudio Pistoni.
Da questo momento in poi comincerà la lunga impasse quinquennale del teatro, che vede come protagonisti la famiglia Carani e il Comune di Sassuolo.
Sin dal primo momento il Comune si è detto disposto ad accollarsi le spese di ristrutturazione, solo però a fronte di un lungo periodo di affitto per non rischiare l’accusa di “danno erariale”, qualora i Carani decidessero di venderlo a terzi; i proprietari, rappresentati dall’avvocato Giorgio Fregni, invece hanno dichiarato di preferire locazioni più brevi, ritenendo che la manutenzione ordinaria e straordinaria spetti al comune.
I proprietari decidono di rivolgersi al TAR per stabilire chi debba farsi carico della ristrutturazione del controsoffitto e del ripristino dei calcinacci caduti dal cornicione in via XX Settembre nel giugno del 2015: la sentenza stabilisce che devono essere proprio loro ad onorare tutte le spese relative ai lavori.
Una volta ultimata la ristrutturazione e la riqualifica dell’edificio, dichiarato agibile da una perizia di parte, il Comune non ne autorizza la riapertura per una serie di motivazioni spiegate dall’ex assessore alla cultura Giulia Pigoni, la quale dichiara che la decisione compete alla Commissione provinciale di vigilanza di pubblico-spettacolo. Imprescindibili sono l’adeguamento anti-sismico dell’immobile e la messa a norma di impiantistica e degli arredi. Interventi stimati per un valore di oltre due milioni di euro.
Spesa esosa, per un teatro di cui l’amministrazione non è più affittuaria dal Luglio del 2015.
Tre sono state le proposte avanzate dal Comune ai proprietari dello stabile: l’acquisto della struttura cinema-teatro tramite la permuta con altre proprietà immobiliari del Comune, oppure la stipula di un contratto di affitto almeno ventennale, con oneri di ripristino a carico del Comune da detrarre nel calcolo del canone concordato o, infine, un contratto di affitto, con durata da definire di comune accordo, con oneri di ripristino a carico della proprietà, da considerare nel calcolo del canone dovuto da concordare. Proposte alternative a quella avanzata dai Carani, che, a loro volta, offrivano il rinnovo del contratto per cinque anni, con onere a carico del Comune per gli interventi di ripristino. Proposte rifiutate da entrambe le parti.
Un ruolo fondamentale per la riapertura del teatro è stato quello svolto dal comitato “Salviamo il teatro Carani” che, con la responsabile Laura Franchini, in prima linea, ha lottato per mantenerne viva la memoria, portando la notizia su scala nazionale e a conoscenza di moltissime personalità del mondo dell’arte. Diversi sono stati gli incontri tra la giunta comunale, la proprietà e il comitato, che non sono però serviti a raggiungere l’agognato accordo.