Sono i cosiddetti Bambini Invisibili nati dalle violenze sessuali di criminali in danno di donne inermi. Debbono fare i conti con una società che non li vuole lottando per affermare la loro esistenza in un contesto sociale difficile e bigotto.
Sarajevo – Sono sempre di più e non hanno paura di nasconderlo. Sono chiamati i “bambini invisibili”, e sono i figli nati dagli stupri di guerra. Reclamano i loro diritti, denunciano le esclusioni sociali e rigettano le disparità a cui sono soggetti.
“…L’ho scoperto casualmente – racconta Ajna Jusić, una delle ragazze nate dalle violenze carnali e membro dell’associazione Zaboravljena Djeca Rata – sbirciando tra i referti psichiatrici della casa di cura dove mia madre ha vissuto e dove sono nata. Durante la pubertà avevo già capito che c’era qualcosa che non andava e allora iniziai ad indagare. Nessuno, dalla fine della guerra, ha mai affrontato pubblicamente l’esistenza di noi, i nati dagli stupri. Non esistono registri o elenchi ufficiali. Ma tenerci nell’ombra non fa che rendere più dolorosa la discriminazione che subiamo ogni giorno. Il mio certificato di nascita è compilato solo per metà, perché non ho le informazioni del mio padre biologico. Nel nostro Paese la prassi vuole che sui documenti si scrivano nell’ordine nome, nome del padre, cognome. Non è possibile usare quello della madre. Così quando negli uffici gli impiegati vedono i campi rimasti vuoti, io sono costretta a dare spiegazioni, a ripetere che mia mamma è stata stuprata e che sono frutto di una violenza…”.
Una ferita aperta nel tessuto sociale di molte nazioni, che ancora fatica a rimarginarsi completamente. I Balcani, durante gli anni Novanta, finirono in una complessa rete di interessi specifici e nazionalisti che portarono all’esplosione di un conflitto fratricida che trasformò i vecchi vicini di casa in nuovi nemici. Ne derivò un esacerbato fanatismo etnico che comportò enormi atrocità. Lo stupro, ad esempio, divenne un drammatico riturale estremamente diffuso. Non è facile fare i conti con un passato a cui formalmente si è estranei, specie se il padre in questione è un potenziale criminale di guerra e ha ricevuto diverse condanne per i crimini che ha consumato.
“…Quando incontrai mio padre biologico per la prima volta – confessa Alen Muhić, di Goražde – compresi che non c’era alcun bisogno di effettuale il test del Dna. Abbiamo la stessa corporatura, lo stesso colore degli occhi, dei capelli. Solo che io, al contrario di lui, non sono un criminale di guerra. Ai giudici mio padre diceva di essere pentito, prometteva che si sarebbe preso cura di me. Ma quando ci siamo incontrati mi ha chiesto di non farmi più vedere, perché aveva già una famiglia. Mia madre biologica invece vive negli Stati Uniti: ci siamo incontrati una volta ma adesso non siamo più in contatto. Ho saputo di essere frutto di stupro nel 2002. Andavo alle elementari, stavo giocando a calcio quando cominciai ad azzuffarmi con un altro bambino, che a un certo punto mi gridò: “Tu sei un bastardo dei cetnici”. Quando rientrai a casa chiesi ai miei genitori adottivi cosa significasse quella frase. Mi dissero tutta la verità…”.
Ma a quanto pare ci sarebbe dell’altro. Infatti come è stato più volte dichiarato inizialmente le Nazioni Unite si erano interessate al progetto Zaboravljena Djeca Rata. Si sarebbe anche parlato di un cospicuo finanziamento ma poi non se ne fece più nulla. In realtà a raffreddare le buone intenzioni era stato il fatto che le indagini sulla ricerca biologica dei padri sarebbero state fatte a tutto tondo. Ciò avrebbe potuto creare problemi diplomatici.
“…Eravamo riusciti a metterci in contatto – continua Alen Muhić – con alcuni rappresentanti delle Nazioni Unite. Avevano promesso che ci avrebbero finanziati. Ma quando hanno scoperto che offrivamo appoggio anche a chi è nato dai rapporti con militari internazionali hanno ritirato il loro sostegno. Facciamo fatica a ottenere aiuti dall’estero e neanche il nostro Paese ci ha mai concesso sconti e agevolazioni. Perfino riuscire a registrarmi con il cognome dei miei genitori adottivi e annullare quello della mia madre naturale è stata una battaglia. Finché il nazionalismo governerà la Bosnia Erzegovina, dovremo continuare a chiederci: a quale categoria apparteniamo noi? Perché non ci riconoscono…”.
Secondo le ultime stime rilasciate dall’associazione i figli nati dagli stupri di guerra in Bosnia sono circa 3.000, anche se averne certezza risulta impossibile. Tanti si vergognano e preferiscono non parlare dello stigma che si portano sulle spalle, temendo di peggiorare la situazione. In un Paese che sa essere conservatore come la Bosnia, nascere in queste condizioni potrebbe procurare ripercussioni molto marcate a livello sociale.
“…Sono grata a mia madre – continua Ajna Jusić – perché mi ha insegnato che non valgo meno degli altri solo perché sono nata da una violenza, anche se il governo cerca di convincerci del contrario. Intanto troppe persone continuano a insultare le nostre mamme, dicono che se la sono cercata. Quando senti queste parole devi continuamente ricordare a te stessa che tua madre non ha nessuna colpa…”.