Sanremo, timbrava in mutande: l’ex vigile vince anche in Cassazione

Alberto Muraglia: “Ho rifiutato il reintegro, la mia immagine rovinata per sempre da quella foto”. Ricevuto indennizzo di 132mila euro.

Sanremo – La sua foto mentre timbrava il cartellino in slip e canottiera è diventata per tutti simbolo di assenteismo. Accusato di truffa ai danni del Comune di Sanremo, Alberto Muraglia è stato invece assolto con formula piena. Dopo aver ottenuto la revoca del licenziamento e il reintegro (con un corposo indennizzo, di cui ha ricevuto finora 132mila euro), ora l’ex vigile ha avuto la sua “rivincita” anche in Cassazione. La Suprema Corte, infatti, ha confermato quanto deciso dalla Corte d’Appello di Genova: la decisione del Comune era illegittima“.

Alberto Muraglia

“Quell’immagine, però, “penderà per sempre sulla mia testa”, racconta l’ex agente della polizia municipale di Sanremo. “Ancora oggi – aggiunge – esplodono i commenti sui social quando compare. La gente non si convince che c’è stato un errore di base della magistratura, c’è stato un giudizio basato su una singola foto. E uno scatto non poteva certo spiegare che stavo facendo il mio lavoro, le persone vedevano altro. Un furbetto del cartellino”. E ancora, “era chiaro che la timbratura in mutande avvenisse o prima o dopo l’orario di lavoro, la macchinetta era davanti all’alloggio di servizio. Una volta dimostrato quello, è finito il discorso”, spiega Muraglia. Quindi, come stabilito anche dalla magistratura, non ha mai truffato lo Stato, anzi iniziava a lavorare in anticipo. Ma con quella fotografia “la mia immagine è stata rovinata per sempre”.

Ripercorrendo le tappe processuali, l’ex vigilie dice: “Sono andato sempre avanti a testa bassa per dimostrare la mia innocenza. Non è stato facile, ero diventato il nemico pubblico numero uno. Eppure tre giorni dopo gli arresti ero dal gip a spiegare tutto. Mi aspettavo quasi le scuse, invece hanno aperto altri tre fascicoli su di me, tutti archiviati. Ho perfino rinunciato alla prescrizione, non puoi accettarla quando sai di non avere fatto niente. Ed è arrivata sia l’assoluzione ‘perché il fatto non sussiste’ sia il reintegro sul posto di lavoro”. Reintegro che però non ha accettato. “Da una parte – spiega Muraglia – non volevo più lavorare per persone che non avevano creduto in me, nella mia onestà, nonostante avessi sempre portato la divisa con onore e dignità. E poi il Comune ha presentato ricorso anche contro la sentenza di reintegro. Scelta che mi ha sorpreso: era palese che anche la Cassazione avrebbe deciso a mio favore. Bastava leggere le carte”.

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