Lunghe code per accedere a cure e servizi creano un malcontento crescente. UGL: “Ormai per curarsi gli italiani si indebitano, deriva gravissima”.
Roma – Le liste di attesa sono un tallone d’Achille di tutti i sistemi sanitari e anche l’Italia, come noto, non è esente da questa criticità. I fattori che concorrono a determinare le liste di attesa sono molteplici, tra cui l’invecchiamento della popolazione, la diffusione di percorsi diagnostico-terapeutici sempre più articolati e costosi e la prescrizione di esami non del tutto necessari da parte dei medici di medicina generale e specialisti. Tali fattori finiscono per incrementare l’inappropriatezza delle prestazioni, che in Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva supera il 25% dei casi tra gli esami endoscopici di primo livello (come la esofagogastroduodenoscopia (EGDS) e la colonscopia). Una percentuale sicuramente rilevante che diventa critica se si considera che ogni anno in Italia vengono effettuati non meno 2milioni e 500mila di questi esami.
Emerge con evidenza quindi, che si rendono necessari nuovi modelli e linee guida efficaci per una riorganizzazione del sistema di erogazione delle visite e prestazioni ambulatoriali.
Tra i possibili modelli d’intervento quello dei RAO (Raggruppamento di Attesa Omogeno) è stato di recente proposto a livello ministeriale sulla scorta delle esperienze maturate da alcuni studi coordinati dalla Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (AGENAS) in collaborazione con 85 società medico scientifiche, tra cui AIGO (Associazione Italiana Gastroenterologi ed Endoscopisti Digestivi Ospedalieri), istituzioni centrali (Ministero della Salute, Istituto Superiore della Sanità), Regioni e Province Autonome e di Cittadinanzattiva e che ha portato nel 2020 alla pubblicazione di un manuale applicativo RAO. Il Manuale AGENAS si compone di 77 tabelle relative a 109 prestazioni che, in ambito gastroenterologico, includono gastroscopia, colonscopia e la prima visita gastroenterologica.
Gli obiettivi specifici della applicazione del modello RAO AGENAS sono: ottimizzare l’accesso alle prestazioni specialistiche ambulatoriali; migliorare l’appropriatezza delle prestazioni; monitorare i tempi di attesa per singola classe di priorità; verificare periodicamente l’appropriatezza nell’uso dei codici di priorità condivisi e il grado di concordanza raggiunto tra medici di medicina generale e specialisti.
Il modello RAO permette così di coordinare l’azione dei medici coinvolti verso un’attività di pianificazione, con la stesura di documenti condivisi. Gli elementi che vengono presi in considerazione per definire i tempi della priorità clinica comprendono la severità del quadro clinico, la prognosi, l’evoluzione del quadro clinico nel breve periodo, la presenza di sintomatologia o deficit funzionale e se disponibili la valutazione di documenti di riferimento come linee guida o PDTA (percorsi diagnostico terapeutici assistenziali).
Si tratta però sempre, va chiarito, di raccomandazioni non vincolanti per il medico prescrittore, che può ritrovare negli scenari clinici proposti la giusta indicazione e prioritizzazione all’esame endoscopico ma anche decidere di trovare tempi personalizzati da valutare caso per caso, possibilmente confrontandosi con un medico specialista. Nel manuale RAO proposto da AGENAS non vengono inserite situazioni nella priorità U in ambito gastroenterologico, in quanto in caso di emergenza la gastroscopia o la colonscopia viene valutata nel percorso di cure di un Pronto Soccorso o durante un ricovero ospedaliero.
Il modello RAO, pertanto, per essere realmente efficace richiede la piena alleanza tra cittadini, medici prescrittori e medici esecutori degli esami e un periodico confronto e monitoraggio dei risultati raggiunti, che per i medici sarà la “concordanza” nella attribuzione alla priorità degli esami e visite sino a raggiungere l’80%- 90% nelle prestazioni di fascia B e D dove si ritrova la casistica con patologie maggiori. (Tab 1)
Esempi virtuosi sono già presenti in alcune Regioni dove, oltre all’adozione del Modello RAO di Agenas, si è provveduto ad effettuare aggiornamenti condivisi, tra medici specialisti e rappresentanti dei medici delle cure primarie in ordine alla prescrivibilità degli esami endoscopici, secondo le più recenti linee guida.
È questo il caso della Regione Lombardia che ha pubblicato a fine dicembre 2023 un documento di aggiornamento sull’argomento che, oltre ad assegnare i tempi di priorità alle prestazioni, rivolge particolare attenzione alla ripetizione degli esami che spesso risultano non appropriati. In Emilia-Romagna si sperimenta in alcune aree del bolognese la presa in carico da parte degli specialisti che contattati dal medico di famiglia programmano l’esame endoscopico e seguono il paziente nell’iter diagnostico terapeutico.
Alcuni di questi temi saranno al centro del 30° Congresso Nazionale delle Malattie dell’Apparato Digerente (FISMAD) che si terrà a Roma dal l’11-al 13 aprile. “L’obiettivo della tavola rotonda – ha dichiarato il presidente Nazionale AIGO dottor Marco Soncini e direttore di Dipartimento Medico a Lecco – è mettere a confronto le esperienze maturate nelle singole realtà regionali sul tema delle liste di attesa partendo dal presupposto che, in questo ambito, ogni modello non possa prescindere da una stretta alleanza tra istituzioni, cittadini e professionisti”.
Sul problema delle liste d’attesa è intervenuta anche UGL Salute, che rileva come per evitarle in molti siano costretti, obtorto collo, a ricorrere alla sanità privata a (salato) pagamento, dove invece – guarda caso – le code non ci sono proprio o sono molto limitate. E la scelta è spesso tra curarsi e mangiare, vista la situazione altamente problematica di molti nuclei ormai a un passo dalla soglia di povertà.
“Tante famiglie si indebitano per poter ricorrere alle cure. È una deriva gravissima, inaccettabile in una nazione civile” dichiara Gianluca Giuliano, segretario nazionale della UGL Salute. “I tempi sempre più lunghi determinati da liste d’attesa che si perdono a vista d’occhio spingono un numero sempre più considerevole di italiani a ricorrere a prestiti per rivolgersi alla sanità privata. L’assistenza di carattere universalistico, in grado di erogare cure a tutti senza alcuna esclusione, dovrebbe essere una delle fondamenta del vivere civile. Che è evidentemente calpestato, contro ogni forma di giustizia sociale, come conferma la costante richiesta di prestiti a banche o finanziare per visite, interventi o accertamenti diagnostici. Addirittura c’è chi rinuncia alle cure trovandosi in stato di indigenza economica. 9 mesi per una visita cardiologica a Torino, 8 mesi a Roma per una risonanza magnetica. Sono due dati campione che dimostrano come il sistema sia in corto circuito. Viene così ignorato, senza alcun rispetto per la dignità degli italiani, l’articolo 32 della Costituzione che recita: La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività. Lo sforzo tangibile che sta compiendo il Ministro della Salute Orazio Schillaci per attaccare la drammatica situazione delle liste d’attesa si scontra con le macerie lasciate da chi in passato ha pensato solo a tagliare sia personale che servizi. Solo attraverso un deciso potenziamento degli organici, il rafforzamento della medicina territoriale e un ammodernamento delle strutture sanitarie si potrà tornare a dare alle famiglie italiane l’accesso alle cure che dovrebbero esse garantite dal SSN”, conclude il sindacalista.