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Sanità, dalla penuria al sovraffollamento:  “Entro il 2032, 32mila medici in eccesso”

Lo studio Anaao-Assomed: entro otto anni quasi 109mila in pensione, ma 141mila sono già in formazione. Ugl: “Italia nel paradosso, necessario rivedere la programmazione”.

Roma – L’Italia si prepara ad affrontare una ondata di pensionamenti tra i medici nel prossimo decennio: si stima che tra il 2023 e il 2032 quasi 109 mila camici bianchi lasceranno la professione attiva. Tuttavia, le nuove leve sono già in formazione: negli anni accademici tra il 2018 e il 2027 (con lauree attese tra il 2023 e il 2032), i posti programmati per il corso di laurea in Medicina e Chirurgia sono circa 141.000. Il rischio di una pletora medica è concreto, ma il problema è più complesso di una semplice sovrabbondanza di professionisti.

Sono questi i numeri elaborati dall’Anaao Assomed, l’Associazione Nazionale Aiuti e Assistenti Ospedalieri, su dati Ocse, Onaosi ed Enpam da cui si evince che la crescita del numero di medici, spesso definita “pletora medica”, è destinata ad essere fuori controllo se la politica in maniera miope continua a essere poco lungimirante commettendo gravi errori di programmazione. Ogni modifica al tempo zero, infatti, in merito alla formazione medica avrà le sue ricadute solo dopo 9/11 anni. Quindi le soluzioni che adottiamo oggi avranno i primi effetti nel 2033 quando secondo i vari database consultati il mercato del lavoro in ambito medico sarà totalmente ribaltato. Infatti, se consideriamo che i contratti per la formazione specialistica, a invarianza di programmazione, nello stesso periodo, saranno 150 mila a cui aggiungere 25 mila borse per la formazione in Medicina Generale, significa che si prospetta un differenziale di circa 32 mila unità tra stima delle uscite e numero di specialisti e MMG che saranno formati.

Secondo gli stessi dati, dopo il 2027 la curva pensionistica sarà in netto decremento e questo dovrebbe facilitare la programmazione al fine di raggiungere l’equilibrio tra il numero di specialisti che possono entrare nel mondo del lavoro e quelli che ne usciranno, ma stando alle tendenze politiche attuali quello che si genererà sarà invece un “imbuto lavorativo” per il consistente aumento dei medici neolaureati e specialisti rispetto ai medici collocati in pensione. Sarà favorita, quindi, la cosiddetta “pletora medica” fornendo al mercato sanitario forza lavoro a basso costo e con un potere contrattuale azzerato. Il trionfo del lavoro precarizzato, ma con retribuzioni e diritti molto più bassi di oggi.

Il problema non è solo la quantità di medici, ma anche la loro distribuzione e la tipologia di specializzazione. L’altra faccia della stessa medaglia, infatti, è quello che stiamo vivendo oggi. La carenza odierna di personale sanitario già dall’inoccupazione dei posti in alcune scuole di specializzazione fino alla scelta di lasciare il posto di lavoro per spostarsi nella sanità privata o migrare in altri paesi alla ricerca di condizioni di lavoro e di conciliazione con la vita privata migliori, ne è la dimostrazione. Secondo i dati elaborati dalla Corte dei Conti su dati OCSE 2019, il numero dei medici che ha lasciato l’Italia fra il 2008 e il 2018 ammonta a 11 mila mentre circa 3000, in base ai dati Onaosi, abbandonano ogni anno il SSN prima dell’età di quiescenza. E i fenomeni in base agli ultimi dati non sembrano in diminuzione.

È per questo che Anaao Assomed ritiene, da una parte, indispensabile programmare adeguatamente gli accessi al corso di laurea e intervenire subito sulle questioni critiche per rendere attrattivo il lavoro nelle strutture ospedaliere”, scrive l’associazione in un comunicato, “per permettere ai medici di dedicarsi alla propria vita familiare e sociale eliminando il blocco delle assunzioni del personale sanitario e incrementando gli stipendi mensili che per raggiungere il livello medio europeo dovrebbero aumentare del 40-50 per cento. Solo ripristinando adeguate dotazioni organiche possiamo migliorare anche la qualità del lavoro soprattutto in presenza di bisogni assistenziali crescenti della popolazione“.

Oggi carenza di medici, fra qualche anno rischio sovraffollamento

Secondo lo studio Anaao-Assomed, “l’abolizione del numero programmato a Medicina e Chirurgia è un provvedimento incapace di rispondere alla grave criticità attuale perché fuori tempo massimo”. Il problema delle carenze degli specialisti, spiega l’Associazione Nazionale Aiuti e Assistenti Ospedalieri, è stato già risolto con l’incremento dei contratti specialistici effettuato dal Ministro Speranza: basta aspettare pochi anni per avere numeri adeguati rispetto ai pensionamenti. Oggi si tratta di rendere più attrattivo il lavoro nel settore pubblico particolarmente in alcune specialità, come Medicina di Emergenza/Urgenza.

L’inarrestabile marcia verso la pletora medica, chiosano nella comunicazione, è un fenomeno complesso con implicazioni significative per il futuro della medicina e della società. “È necessario un intervento urgente multilivello da parte del governo, delle aziende sanitarie e delle facoltà di medicina per garantire che tutti i medici italiani abbiano la possibilità di lavorare e di svolgere il proprio lavoro con professionalità e competenza”, conclude lo studio.

Giuliano (UGL Salute): “Paradosso italiano, senza programmazione impossibile rialzare la testa”

Sulla questione si è fatto sentire anche Gianluca Giuliano, Segretario Nazionale della UGL Salute. “L’Italia rischia di essere la nazione dove il paradosso può diventare normalità. La cronica carenza di medici sta mettendo a rischio il diritto all’assistenza per i cittadini. Però l’affannosa ricerca di soluzioni odierne se non sostenuta da una adeguata programmazione rischia di generare, tra un decennio, l’effetto contrario”, dice il sindacalista.

Gianluca Giuliano (UGL Salute)

Che lancia l’allarme: “Se è vero che nel breve bisogna far fronte all’esercito di professionisti che vanno in pensione o scelgono di abbandonare il SSN, in futuro il rischio è di assistere ad una inversione di tendenza con giovani leve immesse nel mondo del lavoro a fronte di un ridotto numero di posti disponibili. Un quadro che potrebbe generare una crisi di sovraffollamento che, inevitabilmente, si ripercuoterebbe sulle possibilità di offrire posizioni libere e sulla forza delle retribuzioni. Generando così un mercato al ribasso, “quando uno dei problemi della professione medica è l’adeguamento degli emolumenti alla media dei colleghi europei”.

Che fare dunque? Bisogna intervenire rapidamente – prosegue Giuliano – per affrontare oggi con vigore le carenze del personale. Abbiamo un piccolo esercito di medici in formazione, gli specializzandi dell’ultimo anno, che vanno valorizzati, formati, cresciuti dando una spallata al mondo dei baroni della medicina. Basta con giovani camici bianchi utilizzati per svolgere funzioni burocratiche e amministrative quando il loro ruolo può già essere attivo. E da qui iniziare a inquadrare il futuro, collaborando con il mondo universitario, per indirizzare verso le specialità mediche più scoperte coloro che sceglieranno i percorsi di medicina e chirurgia. Senza programmazione, senza collaborazione la sanità italiana non riuscirà mai a rialzare la testa e garantire alla popolazione, nel nome della giustizia sociale, il diritto alle cure per tutti come sancito dalla nostra Costituzione”, conclude Giuliano.

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