La posizione del marito, Moses Omogo Chidiebere, 43enne di origini senegalesi, è stata stralciata, e si va verso la sua archiviazione, poiché è stato ritenuto estraneo al piano.
Cosenza – La Procura della Repubblica di Cosenza ha richiesto il giudizio immediato per Rosa Vespa, la 51enne di Castrolibero accusata di aver rapito la neonata Sofia dalla clinica Sacro Cuore di Cosenza il 21 gennaio 2025. La donna, che aveva simulato una gravidanza per nove mesi, è indagata per sequestro di persona aggravato dalla minore età. Intanto, la posizione del marito, Moses Omogo Chidiebere, 43enne di origini senegalesi, è stata stralciata, e si va verso la sua archiviazione, poiché è stato ritenuto estraneo al piano criminale orchestrato dalla moglie.
Il 21 gennaio 2025, Rosa Vespa si è introdotta nella clinica Sacro Cuore durante l’orario di visita, indossando una mascherina e spacciandosi per una puericultrice. Con la scusa di dover sottoporre la neonata Sofia, nata da appena 24 ore, a un controllo pediatrico, ha prelevato la bambina dalla stanza dove si trovava con la madre, Valeria Chiappetta, e la nonna. Vespa ha poi raggiunto il marito Moses Omogo, che l’attendeva nella hall con un passeggino, ed è fuggita verso la loro abitazione a Castrolibero. Lì, la coppia aveva organizzato una festa per celebrare l’arrivo di un presunto figlio maschio, chiamato “Ansel” o “Natan”, con la casa addobbata con fiocchi azzurri e la neonata vestita con un completino da maschietto.
L’allarme è scattato rapidamente grazie alla madre e alla nonna di Sofia, che hanno notato l’assenza della bambina dopo circa mezz’ora. Le telecamere di videosorveglianza della clinica e le indagini della Squadra Mobile di Cosenza, coordinate dal questore Giuseppe Cannizzaro e dal capo della Mobile Gabriele Presti, hanno permesso di rintracciare la neonata in sole tre ore. Gli agenti hanno fatto irruzione nell’appartamento di Castrolibero, trovando Sofia in una culla, circondata da parenti ignari del rapimento. La bambina, in buone condizioni, è stata riconsegnata ai genitori, Valeria Chiappetta e Federico Cavoto, che si sono costituiti parte civile nel processo.
Rosa Vespa, laureata in Architettura, ha simulato una gravidanza per nove mesi, ingannando familiari, amici e persino il marito con un pancione credibile, ecografie false e documenti fasulli, tra cui una presunta lettera di dimissioni dalla clinica. Sui social, l’8 gennaio 2025, aveva annunciato la nascita di “Ansel”, sostenendo che il bambino fosse rimasto in clinica per accertamenti a causa di presunti casi Covid. Durante l’interrogatorio di garanzia, davanti al GIP Claudia Pingitore e al PM Antonio Bruno Tridico, Vespa si è assunta la piena responsabilità del rapimento, dichiarando di aver agito da sola e di non aver voluto fare del male alla bambina. Una perizia psichiatrica ha confermato che la donna era pienamente capace di intendere e volere al momento del fatto, escludendo ipotesi come una gravidanza isterica.
Le motivazioni del gesto, secondo quanto emerso, sarebbero legate a un’ossessione per la maternità, probabilmente alimentata da precedenti gravidanze non andate a buon fine. Gli inquirenti sospettano che Vespa abbia effettuato sopralluoghi nella clinica nei giorni precedenti, studiando le abitudini del personale e individuando Sofia come una “vittima casuale”, senza alcun legame con la famiglia della neonata.
Moses Omogo Chidiebere, operatore culturale di origini senegalesi, è stato inizialmente arrestato insieme alla moglie ma scarcerato il 24 gennaio 2025 dopo l’interrogatorio di garanzia. Durante l’udienza, ha dichiarato di essere stato completamente all’oscuro del piano della moglie, credendo che la gravidanza fosse reale e che Sofia fosse il loro figlio. Foto che lo ritraggono mentre bacia il “pancione” di Vespa e la sua sorpresa al momento dell’irruzione della polizia hanno convinto il GIP della sua buona fede. Il PM Tridico ha stralciato la sua posizione, e la Procura si avvia verso l’archiviazione, nonostante i legali della famiglia di Sofia, Penna e Pisani, abbiano annunciato opposizione a questa ipotesi, chiedendo ulteriori accertamenti.
Un secondo filone investigativo riguarda le presunte lacune nella sicurezza della clinica Sacro Cuore. Il capo della Squadra Mobile, Gabriele Presti, ha sottolineato che Rosa Vespa è riuscita a entrare e uscire dalla struttura con “sconcertante facilità”, senza che il personale verificasse la sua identità. Le telecamere di sorveglianza hanno funzionato, permettendo di identificare rapidamente i responsabili, ma non sono state sufficienti a prevenire il rapimento.