Rientrata la rivolta nel carcere di Marassi, due agenti feriti

Tensione altissima all’interno della casa circondariale: almeno due agenti feriti, strade chiuse attorno alla struttura. I detenuti denunciano presunte violenze su un compagno.

Genova – Momenti di altissima tensione nel carcere di Marassi, dove si è da poco conclusa una rivolta da parte di diverse decine di detenuti. Numerosi reclusi erano usciti dalle celle, alcuni avevano raggiunto la barriera di sicurezza che precede il muro di cinta, mentre altri sono saliti sui tetti della struttura, gridando e denunciando presunte sevizie ai danni di un detenuto. Si sarebbe trattato quindi di un regolamento di conti tra reclusi: in 6 nei giorni scorsi avrebbero violentato un altro detenuto, per il quale ieri sera sarebbe stato necessario l’accompagnamento presso l’ospedale cittadino per le cure del caso. Da qui la rivolta, condotta a quanto pare da detenuti in prevalenza stranieri.

La protesta: detenuti in rivolta, polizia aggredita

La situazione è degenerata quando un gruppo di detenuti si sarebbe scagliato contro gli agenti di polizia penitenziaria, aggredendoli e dando il via a una vera e propria rivolta interna. Almeno due agenti risultano feriti, mentre i reparti speciali della polizia penitenziaria sono immediatamente intervenuti per cercare di contenere la sommossa.

Massiccio intervento delle forze dell’ordine

Sul posto è stato disposto un imponente dispiegamento di forze dell’ordine, con l’intervento del reparto mobile della polizia di Stato, carabinieri in tenuta antisommossa e altre unità operative. Le forze dell’ordine stanno presidiando anche l’esterno del carcere, per scongiurare eventuali fughe o l’estendersi dei disordini.

Per motivi di sicurezza, sono state chiuse al traffico via del Faggio, corso De Stefanis in direzione centro e piazzale Marassi, con inevitabili disagi alla circolazione.

Le cause: presunte sevizie denunciate dai detenuti

Alla base della rivolta ci sarebbe, secondo quanto urlato dai detenuti stessi, un episodio avvenuto ieri, quando un recluso sarebbe stato vittima di violenze da parte di altri carcerati. Al momento, tuttavia, non ci sono conferme ufficiali sull’accaduto.

Le autorità stanno valutando la situazione per riportare l’ordine all’interno della struttura e verificare le cause scatenanti del disordine.

I sindacati: situazione esplosiva ormai incontenibile

La rivolta, secondo Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa Polizia Penitenziaria, sarebbe l’ennesimo segno tangibile dello stato di degrado delle carceri, “che non può essere affrontato con interventi meramente repressivi, come l’introduzione del reato ‘impossibile’ di rivolta, ma agendo soprattutto sulla prevenzione attraverso l’umanizzazione delle condizioni di lavoro degli operatori e della detenzione”.

“La situazione è stata per ore molto grave ma ora per fortuna è rientrata”, dice Francesco Migliorelli, vicesegretario regionale del Sappe, Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria. “L’ opera di mediazione e negoziazione del personale di Polizia Penitenziaria, che ha riportato alla regione i detenuti più violenti, ha impedito che la situazione degenerasse ulteriormente e che entrassero in azione gli uomini del Corpo in reparto antisommossa. Mi sembra evidente che c’è necessità di interventi immediati da parte degli organi ministeriali e regionali dell’Amministrazione Penitenziaria, che assicurino l’ordine e la sicurezza in carcere a Marassi tutelando gli Agenti ed il personale tutto che vi presta servizio. Ed è grave che non siano stati raccolti, nel corso del tempo, i segnali lanciati dal SAPPE sui costanti e continui focolai di tensione nelle carceri liguri, prevedendo anche la riapertura a Genova del Provveditorato regionale, visto che oggi dipendiamo da Torino e questo grave fatto testimonia ancora una volta come deve essere a Genova il centro regionale dell’Amministrazione Penitenziaria”.

“Con 16mila detenuti – prosegue De Fazio in una nota – oltre i posti disponibili, omicidi, suicidi, violenze di ogni tipo, stupri e molto altro ancora in carcere non c’è un ordine, inteso come ordinato svolgimento delle normali attività nell’alveo dell’ordinamento giuridico dello Stato, a cui potersi rivoltare, da qui l”impossibilità del reato. Peraltro, dopo l’entrata in vigore del decreto sicurezza, oggi approvato in via definitiva dal Senato, i disordini nelle carceri sono persino aumentati. Non vogliamo attribuire a questo un nesso di causa ed effetto, ma di certo possiamo affermare senza tema di smentita che, almeno sinora, non ha funzionato neppure come effetto deterrente. Serve subito deflazionare la densità detentiva – prosegue la nota -, far cessare il caporalato di stato che si realizza con il trattenimento in servizio di poliziotti penitenziari anche per 26 ore continuative, come accaduto per esempio al carcere romano di Regina Coeli fra l’11 e il 12 maggio, rimpinguando compiutamente organici mancanti di 18mila agenti ed evitando che le pochissime assunzioni aggiuntive, 133 negli ultimi due anni e mezzo a fronte di oltre 6mila detenuti in più, finiscano negli uffici ministeriali. Va poi assicurata l’assistenza sanitaria e necessita riformare l’intero sistema”.

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