Fdi vuole avere il predominio sulla partita elettorale, la Lega resiste nonostante il caso Solinas e Fi prova a non essere schiacciata nel braccio di ferro tra Meloni e Salvini. Ma la sfida maggiore per i tre partiti è mantenere i fortini già conquistati.
Roma – Prove di intesa nel centrodestra per formare il pallottoliere dei nomi per le Regionali. La tensione tra i tre leader è palpabile dopo il caso Sardegna che ha travolto il Governatore Christian Solinas nell’inchiesta sulla corruzione. Il leader della Lega Matteo Salvini è furioso, come sempre arriva puntuale la ‘giustizia a orologeria’. Già la crescita esponenziale di Fratelli d’Italia faceva pendere l’asticella delle decisioni in capo al premier Giorgia Meloni che vuole condurre il gioco, anche perché la situazione è radicalmente opposta a cinque anni fa. Ma Matteo Salvini non ci sta a incassare i diktat di FdI, e ora punta su altri nomi. E allora tra i due litiganti il leader di Forza Italia Antonio Tajani che fa? Non gode, ma potrebbe restare schiacciato dal duello animato dal desiderio di Fratelli d’Italia di guidare la macchina delle Regionali e dalle forti resistenze del leader della Lega nonostante l’incidente di percorso.
Interpellato sulla patata bollente della Sardegna il vicepremier e ministro degli Esteri, ancora prima che scoppiasse il caso Solinas si era tirato fuori: “non abbiamo da proporre un candidato, è una scelta che devono fare Fratelli d’Italia e la Lega”. Tajani poi puntualizza “Confermiamo la nostra fiducia al presidente Cirio in Piemonte e al presidente Bardi in Basilicata”. È il caso Sardegna, ca va sans dire, ancora una volta, a tenere banco. E il partito di Meloni è schierato a favore della discesa in campo di Paolo Truzzu.
Da Roma per le Regionali è arrivata una indicazione chiara e l’intero centrodestra, tranne Lega e Partito sardo d’azione, ha annunciato la candidatura del sindaco di Cagliari, motivandola con sondaggi a lui favorevoli. La resistenza di Salvini pro Solinas è nota e duratura: il leader del Carroccio pensa a una sua candidatura alle Europee. Nella trattativa però anche il Veneto ha un peso specifico. Qui si voterà nel 2025 ma già la tregua nel centrodestra sembra minacciata dalla regione a guida leghista.
Luca Zaia con l’attuale assetto non potrebbe ricandidarsi, ma la Lega ha un asso nella manica. Ha infatti presentato una proposta di legge ad hoc per il terzo mandato per i governatori. La riforma permetterebbe la ricandidatura dei presidenti in otto Regioni al voto dal 2025 in poi: Campania, Puglia, Liguria, Emilia-Romagna, Lombardia, Friuli e Veneto. L’idea non fa impazzire FdI e Forza Italia si dice contraria: “Nel programma di governo non c’è – liquida subito la questione Tajani – ma il Parlamento è sovrano”.
In Abruzzo nel centrodestra sembra invece meno in discussione che altrove la ricandidatura del governatore uscente Marco Marsilio, esponente storico di Fratelli d’Italia, alla presidenza della Regione alle prossime elezioni in programma il 10 marzo. A minacciare questa quasi certezza è però un sondaggio di Winpoll, che disegna uno scenario che vede tutt’altro che scontata una rielezione del governatore uscente.
Alla domanda “Mi può cortesemente dire come valuta l’operato dell’amministrazione del presidente Marco Marsilio?”, solo l’11 per cento del campione intervistato risponde “molto bene”, il 17 per cento risponde “più bene che male”, il 38 per cento “né bene né male”, il 18 per cento “più male che bene” e il 16 per cento “molto male”. La tendenza si conferma anche nelle domande che mettono a confronto la popolarità di Marsilio con quella del suo prossimo sfidante, Luciano D’Amico. Alla domanda “Le elenco i nomi di alcuni esponenti di spicco della sua regione. Mi può dire per ognuno di questi quanta fiducia ha in loro?”, il 60 per cento degli intervistati risponde “D’Amico”, contro il 50 per cento dell’esponente di Fratelli d’Italia.
E ancora, nel regno d’Abruzzo, alla domanda diretta “per chi voterebbe?” le risposte vedono in testa Marsilio per un soffio: 50,8 per cento contro 49,2 di Luciano D’Amico. Più tranquilla invece la situazione in Piemonte dove Alberto Cirio è in ottimi rapporti con i tre partiti principali della coalizione. Forza Italia con Tajani è intervenuta cercando di cristallizzare la candidatura Bardi. “Bardi, non è in discussione perché ha lavorato bene: in Basilicata non si paga il gas e l’acqua, e queste sono cose che i cittadini lucani sanno apprezzare”.
La giostra delle Regionali in Umbria è partita da tempo, ma le urne qui si apriranno probabilmente nel mese di ottobre. Matteo Salvini ha blindato a più riprese il secondo mandato di Donatella Tesei. Ma se lo scenario complessivo degli accordi dovesse incrinarsi le carte in tavola potrebbero cambiare. FdI gradirebbe molto la candidatura del sindaco uscente di Perugia, Andrea Romizi, anche se ci sono anche altre opzioni. Il Tesei bis resta comunque la soluzione più probabile.
Quello che è certo è che il premier e leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, forte del suo consenso, non mollerà facilmente la presa sui suoi obiettivi. Vuole riequilibrare il peso attuale dei partiti della coalizione anche a livello locale: due Regioni al voto nel 2024 per FdI (Sardegna e Abruzzo), una alla Lega (Umbria) e una a Forza Italia (Piemonte), con in Basilicata un esponente della società civile.
Oggi Meloni governa solo in Lazio, Abruzzo e Marche, mentre la Lega, con meno del 9 per cento, ha ben sei regioni e Forza Italia, un partito sotto l’8 per cento, governa in cinque. Sarà tutt’altro che semplice trovare la quadra.