Radicali, presidio notturno davanti al carcere di Torino: “governo intervenga”

Igor Boni e altri esponenti hanno esposto su grandi cartelli i nomi dei 62 detenuti che si sono suicidati dal 1 gennaio ad oggi.

Torino – Da ieri sera alle 20.30, fino a questa mattina, si è svolto un presidio notturno di fronte al carcere Lorusso e Cutugno di Torino, nel quale gli esponenti radicali hanno esposto su grandi cartelli i nomi dei 62 detenuti che si sono suicidati dal 1 gennaio ad oggi e degli agenti di polizia penitenziaria che si sono tolti la vita nello stesso periodo. “La notte è il momento più difficile e doloroso per chi vive dietro le sbarre. Per questo abbiamo deciso di passare l’intera notte di fronte al carcere”. In un periodo che non è uguale agli altri, perché il mese di agosto rappresenta per i detenuti la notte dell’intero anno con celle bollenti e il disinteresse delle istituzioni e della politica che diventa quasi totale”, spiega Igor Boni dei Radicali Italiani.

“I disordini di queste ore al Ferrante Aporti e al Lorusso e Cutugno sono la punta di un enorme iceberg – aggiunge Boni – le responsabilità vengono da lontano ma occorre dire senza mezzi termini che questo governo ne ha molte, continuando a non guardare una bomba che sta esplodendo, rendendosi corresponsabile quando non mandante delle violazioni in atto”. Per Boni il “governo deve intervenire, il Parlamento deve legiferare per ridurre il sovraffollamento inaccettabile di queste strutture. Chiediamo alla Rai, al servizio pubblico, al radiotelevisivo, uno speciale carcere in prima serata dedicando ore di tempo ad approfondimenti e a notizie che diano agli italiani conoscenza e contezza di che cosa accade dietro le sbarre, perché di preconcetti sono pieni i nostri telegiornali e le dichiarazioni dei nostri politici che sfruttano e lucrano sulla pelle di questi disperati”.

“Questi nomi che utilizziamo per tappezzare le nostre automobili – ha evidenziato a proposito dei cartelli attaccati alle auto – sono per rendere onore, omaggio a persone, magari che hanno attraversato il mare, il deserto, per raggiungere una fortuna che non hanno trovato, perché hanno trovato magari la criminalità e hanno trovato le carceri, hanno trovato ulteriori violazioni dei diritti dopo quelle che hanno subito. La gran parte di loro sono stranieri, molti però sono anche italiani, alcune sono donne. Si sono suicidati in questa struttura – ha detto spiegando che si tratta di 62 persone – ma è importante sottolineare che sono sette gli agenti di polizia penitenziaria che si sono suicidati. Siamo qui anche per loro, perché le violazioni dei loro diritti sono la violazione dei diritti di tutti i cittadini”.

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