Protesta nel carcere di Regina Coeli a Roma, incendiati alcuni materassi

Uilpa: “Un agente colpito da malore per l’inalazione di fumi sprigionati dagli incendi appiccati dai detenuti, ma non ci sono feriti o contusi”.

Roma – Nuova protesta e disordini nel carcere romano di Regina Coeli. A quanto si apprende, alcuni detenuti dell’ottava sezione si si sarebbero rifiutati di tornare in cella dando fuoco per protesta ad alcuni materassi. La situazione è poi tornata sotto controllo.

A rendere noto l’episodio è la Uilpa polizia penitenziaria. “Sarebbero state fatte esplodere alcune bombolette dei fornelli da campeggio comunemente in uso per cucinare e preparare vivande con la vandalizzazione degli ambienti”, afferma il segretario generale Gennarino De Fazio. “Non ci sarebbero stati scontri fisici. Un agente sarebbe stato colpito da un leggero malore, probabilmente per l’inalazione di fumi sprigionati dagli incendi appiccati dai detenuti, mentre non ci sarebbero feriti o contusi. Ingenti i danni all’ottava sezione, di cui si porrebbe in forte dubbio l’agibilità. È di ogni evidenza che non si possa continuare così e che servano interventi urgenti dal governo per deflazionare la densità detentiva, potenziare la Polizia penitenziaria, garantire l’assistenza sanitaria e psichiatrica, nonché per reingegnerizzare il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e riorganizzare il Corpo di polizia penitenziaria”, sottolinea il segretario generale della Uilpa.


Con 1.170 detenuti a fronte di 626 posti disponibili e il 184% di surplus di detenuti, Regina Coeli è uno dei penitenziari più sovraffollati del Paese a cui fa da contraltare una voragine negli organici del Corpo di polizia penitenziaria con 350 agenti in servizio quando ne servirebbero 709. Basti pensare che di sera gli agenti impiegati sono normalmente meno di 20 in totale. D’altronde, a livello nazionale sono 15mila i reclusi oltre i posti disponibili e 18mila le unità mancanti alla Polizia penitenziaria. A questo – spiega ancora il segretario generale della Uilpa – si aggiungano strutture fatiscenti, dotazioni inadeguate, carenze nell’assistenza sanitaria e psichiatrica e approssimazione organizzativa e il quadro che ne emerge è autodescrittivamente desolante. A pagarne le spese ristretti e operatori con questi ultimi esposti ad aggressioni continue (oltre 2.700 nell’anno) e sottoposti a turnazioni massacranti con la compressione dei più elementari diritti anche di rango costituzionale. Appare evidente che, con le tensioni continue e le ripetute intemperanze che si registrano dal nord al sud del Paese, non potrà andare sempre così e che in ogni caso tutto ciò non è accettabile per un Paese che voglia dirsi civile. Servono urgentissime misure in grado di stabilire condizioni minime di vivibilità, operatività e sicurezza nelle prigioni e che, palesemente, non possono passare solo per l’improbabile repressione, ma che devono puntare soprattutto sulla prevenzione”.

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