La donna, che sta scontando l’ergastolo per aver lasciato morire di stenti la figlioletta di due anni, ha ricevuto la proposta di matrimonio in una lettera. L’uomo ha detto di essersi innamorato di lei proprio per i suoi crimini.
Alessia Pifferi, condannata all’ergastolo per aver lasciato sola in casa la figlioletta di due anni, causandone la morte di stenti, ha risposto dal carcere a una proposta di matrimonio inviatale da uno sconosciuto, dichiarando il proprio consenso. “La mia risposta alla tua proposta di matrimonio è… sì! Voglio sposarti, voglio diventare tua moglie,” ha scritto in una lettera indirizzata all’uomo che, dopo aver appreso della sua vicenda dai media, si è detto innamorato di lei.
Il tizio in questione, pur riconoscendo l’atrocità delle azioni di Pifferi, ha dichiarato di non provare rabbia o indignazione. Al contrario, ha affermato di essersi innamorato della donna proprio in seguito alla notizia dei suoi crimini. Questo aspetto, apparentemente inspiegabile per molti, aggiunge una dimensione psicologica complessa a una vicenda già di per sé drammatica e controversa.
Nella sua risposta, mostrata nella trasmissione tv “Quarto Grado”, Alessia Pifferi ha espresso il desiderio di essere liberata dal carcere e di iniziare una nuova vita con il suo promesso sposo. “Promettimi, amore mio, che molto presto mi tirerai fuori dal carcere e mi porterai via di qui, per iniziare la nostra vita e il nostro futuro insieme,” ha scritto, dipingendo di sé un ritratto che cozza fortemente con i fatti che l’hanno condannata. Si è definita una persona “dolce, solare, affettuosa, premurosa” e “calda a livello sessuale”, parole che sembrano quasi voler suscitare empatia o giustificare la sua capacità di costruire legami.
La corrispondenza epistolare è stata acquisita come prova dall’avvocato difensore della donna, Alessia Pontenani, che ha sottolineato la necessità di approfondire lo stato psichiatrico della sua assistita. La richiesta di una nuova perizia psichiatrica si basa proprio sul contenuto della lettera, considerato un possibile segnale di incapacità di giudizio. La strategia difensiva mira a dimostrare che Pifferi, al momento dei fatti, non fosse pienamente consapevole delle sue azioni.
La vicenda, già seguita con grande attenzione pubblica, pone interrogativi di natura etica e psicologica. Da un lato, emerge la complessità delle dinamiche emotive che possono sorgere attorno a casi di cronaca nera; dall’altro, si rinnova il dibattito sul confine tra responsabilità individuale e instabilità mentale. Resta da vedere se questa nuova prova influirà sull’iter processuale o se verrà considerata irrilevante ai fini del ricorso.