Il presidente del Senato apre a modifiche del testo fermo da mesi. Casellati ottimista sull’approvazione. Ma sulla legge elettorale emergono nodi politici interni alla maggioranza.
Il dibattito sulla riforma costituzionale del premierato torna al centro dell’agenda politica grazie all’intervento del presidente del Senato, che rilancia l’urgenza di portare a termine quello che l’esecutivo aveva definito l’intervento prioritario della legislatura. Una riforma che però è ferma nei meandri parlamentari da oltre dodici mesi, senza progressi significativi.
Dopo l’ok di Palazzo Madama nella prima metà del 2024, il provvedimento è rimasto impantanato nell’esame della commissione competente di Montecitorio, dove le audizioni procedono in modo frammentario e senza una conclusione in vista. Eppure, secondo il numero uno del Senato, ci sarebbero ancora margini temporali per approvare il testo entro la fine dell’attuale mandato parlamentare, a patto di accelerare i lavori.
La novità più rilevante riguarda l’apertura esplicita a possibili aggiustamenti del contenuto normativo. Secondo La Russa, il testo non dovrebbe essere considerato intoccabile e potrebbero essere introdotte migliorie tecniche che rendano la riforma più solida sul piano giuridico. Tra i punti su cui alcuni costituzionalisti hanno sollevato perplessità figura il meccanismo di voto dei cittadini residenti oltreconfine, ma finora l’esecutivo non ha mai preso posizione ufficiale su eventuali correzioni.
Anche la responsabile del dicastero dedicato alle riforme istituzionali ha manifestato fiducia sulla possibilità di completare l’iter entro la scadenza naturale della legislatura. La ministra ha difeso con forza l’impianto della proposta, respingendo le critiche di chi vi vede un rischio per l’equilibrio democratico e sostenendo che il Parlamento manterrebbe pienamente i suoi poteri. L’unica prerogativa presidenziale che verrebbe effettivamente modificata sarebbe quella dello scioglimento delle Camere, considerato un atto di natura politica incompatibile con il ruolo super partes del Capo dello Stato.
Tuttavia, è proprio sul fronte della legge elettorale che emergono le maggiori complicazioni. Da mesi i partiti di governo discutono di un sistema proporzionale con premio di maggioranza e indicazione del leader sulla scheda, una soluzione che anticiperebbe gli effetti del premierato senza necessità di modificare la Carta costituzionale. Ma questa ipotesi presenta ostacoli concreti che rischiano di bloccare tutto.
Il presidente del Senato ha evidenziato un problema tecnico-politico significativo: se il nome del candidato premier comparisse separatamente dai loghi dei partiti, molti elettori potrebbero limitarsi a votare il leader senza esprimere preferenze per le singole formazioni. Questo meccanismo penalizzerebbe pesantemente il partito della presidente del Consiglio, facendo affluire consensi verso gli alleati. D’altro canto, risulta impraticabile imporre che il nome del capolista figuri obbligatoriamente anche nei simboli delle altre forze della coalizione.
La conclusione è chiara: ogni intervento sulla normativa elettorale dovrebbe avvenire solo dopo l’approvazione definitiva della riforma costituzionale. In caso contrario, se si andasse alle urne prima del via libera al premierato, non è nemmeno scontato che si proceda con modifiche al sistema di voto attuale. Una posizione prudente che segnala come, dietro le dichiarazioni di facciata, permangano tensioni e divergenze significative all’interno della coalizione su un tema tanto delicato quanto divisivo.