L’ambiente conserva anche una rampa con tracce del passaggio di un carro cerimoniale. Potrebbe trattarsi di un “tempietto” di Ercole?
Pompei – Nuove, interessanti scoperte dalla grande villa suburbana di Civita Giuliana, a nord della città antica di Pompei. Gli ultimi scavi hanno riportato in luce, tra il quartiere residenziale e il quartiere servile dell’edificio, un sacello, cioè un ambiente dedicato al culto religioso, collocato in un punto di cerniera tra il settore di servizio (con stalle e la stanza degli schiavi) a sud e il complesso residenziale a nord della villa.
La villa era già stata identificata agli inizi del Novecento ma è stata scavata solo a partire dal 2017 e poi nel 2019 grazie a un protocollo d’intesa siglato con la Procura della Repubblica di Torre Annunziata: da allora il Parco Archeologico di Pompei ha dato avvio a diverse campagne che hanno permesso di arrestare il saccheggio sistematico che per anni ha interessato l’area e che hanno restituito nuovi dati e rinvenimenti eccezionali. Le ultime indagini, condotte nel 2023-24, si sono concentrate lungo il tratto dell’attuale via di Civita Giuliana investigando per la prima volta un’area interposta tra i due settori già noti, quello residenziale a nord e il quartiere servile a sud, al fine di verificare l’attendibilità delle informazioni recuperate dalle indagini giudiziarie condotte dalla Procura di Torre Annunziata.
La rimozione della strada, avviata nell’agosto 2023, ha portato in luce – immediatamente al di sotto degli strati preparatori della via moderna, tra i 40 e i 50 cm di profondità dall’attuale quota stradale – pavimentazioni appartenenti al piano superiore del quartiere servile nonché un sacello con volta ad incannucciata dalla planimetria rettangolare, di cui sono noti alcuni esempi annessi alle ville del suburbio pompeiano, seppur non con la stessa monumentalità. Il sacello sembrerebbe corrispondere a quanto rilevato dagli inquirenti nel corso di investigazioni, nelle quali emergono riferimenti ad un “tempietto” intitolato ad Ercole, e ad affreschi raffiguranti le 12 fatiche di Ercole, di cui tuttavia non ci sono tracce al momento.
L’ambiente è coperto con un tetto spiovente a falda unica, mentre la fronte esterna, completamente intonacata e dipinta di bianco, presenta un grande portale (2.65 x 2.75 m) ed è sormontata da una sorta di “timpano” a rilievo. Davanti alla enorme porta è presente una rampa con tracce di ruote, indizio del possibile uso nel corso dei rituali di un carro cerimoniale.
Internamente l’ambiente è caratterizzato da una decorazione pittorica parietale in IV stile: il ciclo decorativo, prevedeva una sequenza su sfondo rosso di dodici pannelli a drappo giallo, mentre al centro della parete di fondo due pannelli che inquadravano un podio in muratura, verosimilmente di supporto per una statua. Poco distante corre lungo le pareti una banchina continua, in muratura rivestita di intonaco dipinto, di cui è evidente l’usura determinata dall’uso nel tempo, da parte dei partecipanti ai rituali.
“Lo scavo del sacello, da un lato è sconcertante, perché ci fa vedere la spregiudicatezza con cui gli scavatori clandestini hanno operato, spogliando quasi tutte le pareti e l’interno della stanza – dichiara il Direttore Gabriel Zuchtriegel – Vedere questo luogo di culto, annesso al quartiere produttivo della villa, ridotto in queste condizioni, fa male, anche perché ci sono pochissimi confronti per questo genere di ambienti. Paradossalmente, però, al tempo stesso, è incoraggiante: lo Stato c’è, insieme alla Procura della Repubblica e ai Carabinieri, il Ministero della Cultura sta recuperando un complesso di grandissima importanza. I rinvenimenti confermano quanto appurato dalla polizia giudiziaria e dalla Procura. Si tratta di uno scavo di tutela attiva e direi anche di giustizia, dopo anni di saccheggi. I prossimi passi saranno: continuazione degli scavi, proseguo degli espropri, abbattimento di edifici espropriati per il recupero del patrimonio archeologico e progettazione di una fruizione pubblica della villa: sarà un gioiello della Grande Pompei, che ci aiuterà a valorizzare meglio tutto il territorio della città antica. Ringrazio il Ministro Sangiuliano per il sostegno e per i fondi nella Legge di Bilancio per nuovi scavi a Pompei e in altri parchi nazionali, che ci permettono di continuare le indagini a Civita Giuliana. Oltre al Procuratore Fragliasso, vorrei anche ringraziare l’amministrazione comunale nella persona del sindaco Lo Sapio, perché gli scavi sotto la strada moderna, che hanno portato alla scoperta del sacello e della stanza del carpentiere, sono possibili solo grazie a una fattiva e quotidiana collaborazione tra enti che a Pompei sta portando a grandi risultati.”
Le attività di indagine in corso a Civita Giuliana costituiscono il modello di uno scavo che è esempio di legalità e tutela e che diventa occasione di conoscenza e sviluppo della ricerca. L’obiettivo è continuare il programma degli espropri e l’abbattimento degli edifici già acquisiti e al contempo ampliare gli scavi al fine di chiarire gli ancora numerosi aspetti di Civita Giuliana sia a livello scientifico, sia in termini giuridici, e progettare. Fondamentale per il prosieguo delle attività sul territorio sarà la progettazione un sistema ampio di accessibilità e fruizione che metta in connessione questo sito nella rete della Grande Pompei. Su quest’ultimo punto è in corso una collaborazione con la Federico II e con il ReParch, Master Universitario di II livello in Restauro e Progetto per l’Archeologia.
Gli ambienti indagati finora sono quelli dell’ampio quartiere produttivo e servile e hanno restituito finora diversi eccezionali testimonianze, tra cui una stalla con i resti di equidi bardati, in cui è stato possibile realizzare il primo calco intero di cavallo e uno spettacolare carro cerimoniale a quattro ruote, in legno e con elementi in ferro, con raffinate decorazioni in bronzo e argento, interpretato come pilentum, cioè un veicolo usato nel mondo romano dalle élites per cerimonie e in particolare per accompagnare la sposa nella nuova casa, esemplare unico nel suo genere al momento in Italia. E poi c’è la cosiddetta “stanza degli schiavi”, un ambiente servile che, grazie allo stato di conservazione eccezionale e alla possibilità di realizzare calchi in gesso di letti e altri oggetti in materiali deperibili che hanno lasciato la loro impronta nella cinerite, offre uno spaccato rarissimo della realtà quotidiana degli schiavi che vivevano e lavoravano nella villa. Ancora, gli scavi di Civita Giuliana hanno riportato alla luce una seconda stanza degli schiavi, di cui è stato possibile eseguire il calco di buona parte degli arredi che restituisce, come in una foto in bianco e nero, una precisa immagine della sala. Ci consente, ad esempio, di ipotizzare una gerarchia all’interno della servitù: mentre uno dei due letti trovati è della stessa fattura, estremamente semplice e senza materasso, di quelli della prima stanza citata sopra, l’altro è di un tipo più confortevole e costoso, noto in bibliografia come “letto a spalliera”. Nell’ambiente ci sono inoltre due piccoli armadi, conservati parzialmente come calchi, una serie di anfore e vasi di ceramica e diversi attrezzi, tra cui una zappa di ferro, reperti mobili di vario genere e tipologia, fra cui stoviglie e coppe in ceramica comune e da fuoco, anfore, elementi decorativi del carro, bardature equine.
In un’ulteriore stanza con gli attrezzi di un carpentiere è emerso un letto, ma anche attrezzi di lavoro e quello che sembra un telaio, forse di un altro letto, smontato: si riconoscono, inoltre, ceste, una lunga corda, pezzi di legno e una sega con lama, che sembra non tanto diversa dalle seghe tradizionali usate fino a poco tempo fa. Individuato persino un pezzo della corda, sempre come impronta nel sottosuolo, che la teneva sotto tensione. Mentre dall’altro lato della strada è stato indagato il settore residenziale con affaccio panoramico sul golfo dove sono emersi ambienti eleganti, articolati intorno a un peristilio delimitato su due lati da un portico e caratterizzato sul terzo lato da un criptoportico e, nei pressi, due scheletri di fuggiaschi, di cui è stato possibile eseguire il calco.
Tutte queste nuove acquisizioni, analizzate e documentate grazie alle più avanzate tecnologie e
metodologie di scavo archeologico, permettono di arricchire la conoscenza su aspetti della vita
quotidiana poco documentati dalle fonti scritte e iconografiche, contribuendo a ricostruire un quadro
sempre più completo sull’articolazione e sul funzionamento di uno dei numerosi complessi abitativi
sparsi sul territorio pompeiano.
L’eccezionalità e l’importanza storica di questo scavo dal punto di vista sia della tutela sia delle scoperte che, sempre più numerose emergono dagli scavi, ha inoltre reso necessaria un’esposizione organica presso l’Antiquarium di Boscoreale dei principali reperti, tra cui i calchi delle vittime dell’eruzione e il carro cerimoniale, al fine di rendere tale contesto fruibile e conoscibile da parte del vasto pubblico.