Il marchio “Biologico Italiano”: il valore del Made in Italy contro la concorrenza sleale

Carlo Besostri, alla guida di S.E.E.D. sulla proposta del sottosegretario all’Agricoltura D’Eramo per far crescere le imprese del settore.

Pavia – Il settore biologico ha visto una crescita significativa, con un fatturato che ha superato i 9 miliardi di euro, in aumento del 4,9% in volume e del 4,5% in valore nell’ultimo anno. Tuttavia, per mantenere la leadership europea, è fondamentale semplificare la burocrazia. Carlo Besostri, imprenditore agricolo del settore risicolo della Lomellina, in nome di un modello di agricoltura fortemente legata al territorio ed ecosostenibile, ha ideato e realizzato, diventandone il presidente, l’impresa sociale S.E.E.D. (acronimo di Semina, Educa, Evolvi, Dona) che interviene sul tema del cibo biologico su cui si è fatto il punto a Bologna alla Festa del BIO. La sua sfida si inserisce in un settore minacciato dalla crisi climatica e dalle tensioni geopolitiche.

Ecco perché si sta puntando alla creazione del marchio “Biologico italiano”. Che cosa ne pensa?

“Il sottosegretario all’Agricoltura Luigi D’Eramo ha sottolineato di aver mantenuto l’impegno preso con i rappresentanti del settore dice Carlo Besostri – ed entro i tempi prospettati per la creazione del marchio “Biologico italiano”: è stato indetto un concorso di idee, una gara da parte del Masaf per il marchio, come previsto dalla legge n. 23 del 9 marzo 2022. Credo che sia una proposta interessante e necessaria, per chi si dedica da anni all’agricoltura secondo i canoni del biologico. “La mia sfida è quella di un riso 2.0 ma con radici ben salde nella tradizione e l’ambizione di far incontrare produttori e consumatori attorno ad un concetto di agricoltura condivisa e sostenibile”.

Carlo Besostri presidente SEED-ITALIA

Obiettivo del marchio è promuovere qualità e autenticità dei prodotti biologici nazionali, rafforzando la riconoscibilità del settore sul mercato interno ed internazionale. Può essere uno strumento valido?

“Mi auguro che sia così, per valorizzare, proprio come sottolineato da D’Eramo, e far crescere le produzioni agricole bio nazionaliaggiunge Besostri rafforzando le nostre filiere e la leadership internazionale dell’Italia, tutelando al tempo stesso il settore dal forte aumento delle importazioni dall’estero. L’impresa sociale S.E.E.D. (pronuncia sid, seme in inglese), è un progetto che ha nell’acronimo della ragione sociale la sua esplicita definizione: Semina, Educa, Evolvi, Dona. Il punto di partenza è di certo un modello di agricoltura ecosostenibile, attento alle risorse naturali, rispettoso dei diritti del lavoratore e delle esigenze tanto del produttore che del fruitore, il tutto declinato in un’inedita alleanza tra questi ultimi. Ma senza un significativo aumento della domanda di prodotti bio, l’intera filiera non può disporre delle risorse necessarie per crescere come dovrebbe”.

Come sostenuto da Coldiretti Bio, le importazioni di prodotti biologici extra Ue sono cresciute del 40% lo scorso anno. Un trend che mette a rischio i record del settore che, grazie alle 84mila aziende agricole attive sul territorio nazionale e ai 2,5 milioni di ettari, vede il nostro Paese leader a livello europeo.

“L’avvio del marchio ‘Biologico Italiano’ è sicuramente importante per tutelare le aziende agricole dalla concorrenza sleale e garantire trasparenza ai consumatoriconclude il presidente Besostri – SEED da un lato garantisce al produttore, specialmente al piccolo, un ricavo garantito, sottraendolo alla spada di Damocle delle oscillazioni dei prezzi, spesso frutto di meri calcoli speculativi. Dall’altro soddisfa l’utente finale con un prodotto italiano di alta qualità. E’ sempre più evidente che dobbiamo difenderci dalla minaccia degli arrivi dei cibi bio extra Ue. Per fortuna dall’altra parte, in Italia sta prendendo piede una politica che vede al centro la valorizzazione di un’alimentazione sana e a basso impatto sull’ambiente – conclude Besostri – che tutela gli ecosistemi, la biodiversità ed è in grado di mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici. Ma occorre accelerare sulla transizione agroecologica, di cui il biologico rappresenta il fiore all’occhiello.

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