Perquisita la villa dello zio di Emanuela Orlandi

Dopo 41 anni la Procura di Roma indaga su Mario Meneguzzi, figura centrale nelle trattative con i rapitori. Per Pietro Orlandi si tratta di un depistaggio.

Roma – La Procura capitolina ha scritto nero su bianco in un atto ufficiale il nome di Mario Meneguzzi, zio di Emanuela Orlandi, come figura da approfondire nell’ambito delle indagini sulla scomparsa della ragazza, avvenuta il 22 giugno 1983. Il provvedimento, eseguito nell’aprile 2024 dai carabinieri del Nucleo Investigativo, parla esplicitamente di “ipotesi investigativa, ma non unica”, sottolineando l’esistenza di altre piste ancora in fase di valutazione.

La notizia ha innescato reazioni contrastanti. Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, ha definito l’operazione un “depistaggio” e ha precisato che le perquisizioni risalgono a mesi fa e non hanno portato risultati concreti. Anche Pietro Meneguzzi, figlio dello zio scomparso anni fa, ha respinto con forza le accuse, affermando che sulla figura paterna circolano solo falsità e che qualcuno sta tentando di allontanare l’attenzione dalla verità.

Gli inquirenti hanno riesaminato l’intero impianto investigativo originario, tornando su documenti, testimonianze e incongruenze mai risolte. Durante la perquisizione nella villa di Torano, in provincia di Rieti, sarebbero emersi elementi documentali giudicati rilevanti dagli investigatori, anche se il contenuto non è stato reso pubblico. La scelta di concentrarsi su quella proprietà non è casuale: Meneguzzi aveva dichiarato di trovarsi proprio lì con la famiglia nel giorno della sparizione di Emanuela.

Lo zio della cittadina vaticana aveva avuto un ruolo importante nei mesi successivi alla scomparsa, gestendo i contatti con i presunti rapitori che telefonavano alla casa della famiglia Orlandi in Vaticano. I sedicenti sequestratori, tuttavia, non fornirono mai prove concrete di avere la ragazza. La figura di Meneguzzi – venuto a mancare diverso tempo fa – era già emersa circa due anni e mezzo fa, quando erano stati resi noti documenti vaticani che riportavano accuse di molestie nei confronti di Natalina, sorella maggiore di Emanuela. Quest’ultima aveva in seguito minimizzato l’episodio, parlando di semplici avances verbali.

Per Pietro Meneguzzi, cugino di Emanuela, la ragazza si sarebbe allontanata solo con qualcuno di cui si fidava moltissimo, escludendo l’ipotesi che potesse seguire uno sconosciuto. Il cugino ha anche espresso la convinzione che dietro la vicenda non ci siano trame internazionali, ma una realtà più semplice e terribile, legata a violenza sessuale da parte di qualcuno vicino alla famiglia.

Gli investigatori lavorano su più fronti. Una pista non abbandonata riguarda un possibile collegamento con ambienti religiosi, sempre per ragioni di natura sessuale. La vicenda si arricchisce quindi di nuovi interrogativi a oltre quattro decenni di distanza, mentre le famiglie coinvolte continuano a difendere la propria posizione e a chiedere che le indagini si orientino verso direzioni diverse da quelle che chiamano in causa i parenti più stretti.