Penalisti all’assalto delle “zone rosse”: a rischio le libertà personali

Il presidente dell’Unione Camere penali Francesco Petrelli contro la “iniziativa manifesto in chiave securitaria” del Viminale.

Roma – In queste ore, soprattutto in vista di Capodanno, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, ha inviato una direttiva ai prefetti per sottolineare l’importanza di individuare, con apposite ordinanze, aree urbane dove vietare la presenza di soggetti pericolosi o con precedenti penali e poterne quindi disporre l’allontanamento. Le cosiddette “zone rosse”. La loro istituzione è una “iniziativa manifesto di dubbia utilità per la sicurezza dei cittadini e di dubbia legittimità che rischia di determinare pericolose compressioni per i diritti di libertà della persona in chiave securitaria – afferma all’ANSA il presidente delle Camere Penali italiane, Francesco Petrelli – ed anziché incrementare forme più efficienti e capillari di controllo dei territori da parte delle forze dell’ordine impone una sorta di progressiva militarizzazione del tessuto urbano”.

La sicurezza delle città, afferma, “deve essere oggetto di tutela e di promozione ma le strategie adottate in materia devono sfuggire alla logica della pura comunicazione ed a sviluppi illiberali”. Questo strumento – con risultati positivi secondo quanto riferisce il ministero dell’Interno – è già in vigore a Milano per Capodanno e fino al 31 marzo e ha già avuto una sua prima applicazione a Firenze e Bologna. Ed erano stati proprio gli avvocati del Consiglio direttivo della Camera penale a chiedere alla Prefettura che venissero riviste le regole. La Camera penale in una nota aveva spiegato così la sua contrarietà alla misura: “Sembra proprio che Milano voglia anticipare i tempi, introducendo per via amministrativa una parte del progetto securitario contenuto nel ‘ddl sicurezza’ in discussione al Senato e sul quale anche il Consiglio d’Europa ha espresso proprio in questi giorni riserve e allarmi”.

Diversi articoli del ddl sicurezza, attualmente in discussione al Senato, “restringono il diritto a manifestare ed esprimersi pacificamente, e i senatori dovrebbero astenersi dall’adottarlo, a meno che non venga modificato in modo sostanziale per garantire che sia conforme agli standard del Consiglio d’Europa in materia di diritti umani”. L’invito era arrivato da Michael O’Flaherty, commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, in una lettera inviata al Presidente del Senato, Ignazio La Russa. “Ritengo che gli articoli 11, 13, 14, 24, 26 e 27, che introducono reati definiti in termini vaghi e includono altre severe restrizioni, creino spazio per un’applicazione arbitraria e sproporzionata, colpendo attività che rappresentano un legittimo esercizio della libertà di riunione o espressione pacifica”, scriveva il commissario nella lettera inviata il 16 dicembre.

A stretto giro era arrivata la replica di La Russa: “Ho dato indicazione agli uffici del Senato di respingere l’inaccettabile pretesa di Michael’s O’Flaherty, commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, di trasmettere a tutti i senatori la sua richiesta di non votare il disegno legge sicurezza, che per altro è ancora in fase di esame davanti alle commissioni competenti” aveva affermato sottolineando che la lettera di O’Flaherty è “arrivata agli uffici del Senato mentre mi trovavo in Bulgaria in visita al contingente italiano di stanza in ambito Nato e l’ho trovata un’inaccettabile interferenza nelle decisioni autonome e sovrane di un’assemblea parlamentare”.

A novembre l’Unione Camere Penali aveva indetto l’astensione dalle udienze e da ogni attività giudiziaria proprio contro il ddl sicurezza: gli avvocati avevano tenuto a Roma una manifestazione nazionale per “sollecitare il Parlamento ad adottare tutte le opportune modifiche alle norme del pacchetto sicurezza in senso conforme alla Costituzione ed ai principi del diritto penale liberale”. Secondo i penalisti il provvedimento aveva una “matrice securitaria sostanzialmente populista, profondamente illiberale e autoritaria, caratterizzata da uno sproporzionato e ingiustificato rigore punitivo nei confronti dei fenomeni devianti meno gravi ed ai danni dei soggetti più deboli”.

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Stampa