Il presidente egiziano al-Sisi ha graziato Patrick Zaki, l’attivista che era stato condannato a tre anni di reclusione
EGITTO – Prima la condanna a tre anni di carcere, poi la grazie. Patrik Zaki, attivista egiziano incarcerato la prima volta in Egitto il 7 febbraio 2020, quando era studente del Master europeo in studi di genere “Gemma” dell’Università di Bologna.
La vicenda, durata anni, si è conclusa con la grazia da parte del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi e Patrick Zaki è stato rilasciato dagli agenti del commissariato di Nuova Mansura.
Una volta in libertà ha prima abbracciato la madre e i familiari, e poi ha voluto affidare un messaggio alla stampa: “Ora sono libero, penso a tornare in Italia il prima possibile, speriamo che avvenga presto. Sto pensando di ritornare a Bologna, ad essere con i miei colleghi all’università. Ora torno al Cairo”, ha aggiunto.
Patrick Zaki che rimarrà a Bologna solo per pochi giorni, ha fatto sapere voler tornare in Egitto dove convolerà a nozze con la fidanzata.
Con un tweet Zaki ha confermato il suo arrivo nella città delle due torri. “La sensazione migliore è la libertà. Domani mattina a Bologna per coronare il sogno tanto atteso”, ha scritto sul popolare social network.
Nel frattempo il sindaco della città, Matteo Lepore, ha detto di aspettare a braccia aperte l’attivista e ha annunciato di voler consegnare al giovane la cittadinanza onoraria che il Consiglio Comunale ha già approvato due anni fa.
Anche il cardinale e arcivescovo di Bologna, nonché presidente della Cei, Matteo Maria Zuppi ha detto di aspettare Zaki a braccia aperte.
LE TAPPE DELLA VICENDA
Il 7 febbraio 2020, Zaki atterra al Cairo per una vacanza con la famiglia. Il ragazzo tuttavia viene fermato in aeroporto per un articolo di opinione molto critico nei confronti del governo egiziano. Viene quindi accusato di “diffusione di notizie false dirette a minare la pace sociale”, “incitamento alla protesta sociale senza permesso”, “istigazione a commettere atti di violenza e terrorismo”, “gestione di un account social che indebolisce la sicurezza pubblica” e “appello al rovesciamento dello stato”: accuse che per gli osservatori indipendenti sono false e pretestuose.
L’avvocato denuncia le torture subite dal suo assistito, racconta che Zaki era stato bendato e portato a Mansura, qui era stato poi picchiato, spogliato, sottoposto a scosse elettriche, abusato verbalmente e minacciato di stupro.
Nei mesi successivi viene trasferito dal carcere di Mansura alla prigione di Tora, al Cairo, nota per ospitare i prigionieri politici, e viene detenuto in condizioni dure. Per molti mesi gli viene negata la possibilità di comunicare con l’esterno e di ricevere visite dalla famiglia.
Tra il febbraio 2020 e il settembre 2021, Zaki ha affrontato 18 udienze, tutte finite con la decisione di prolungare la sua custodia cautelare
Dopo due anni viene scarcerato decisione di un tribunale, in attesa delle udienze successive, fino alla condanna a tre anni di reclusione e alla grazia ricevuta oggi.
Zaki è stato condannato nel corso dell’11esima udienza del processo, ma il 5 luglio ha conseguito la laurea presso l’Università Alma Mater di Bologna. L’attivista è stato proclamato dottore nel corso della seduta che si è svolta in videoconferenza presso il dipartimento di Lingue, Letterature e Culture moderne.
MELONI: “GRAZIE AL PRESIDENTE AL-SISI”
Ringrazia il presidente Al-Sisi la premier Giorgia Meloni. “Patrick Zaki ha ricevuto la grazia dal presidente egiziano, e voglio ringraziare per questo gesto molto importante il presidente Al Sisi. Fin dal nostro primo incontro lo scorso novembre io non ho mai smesso di porre la questione, ho sempre riscontrato da parte sua attenzione e disponibilità. E voglio ringraziare l’Intelligence e i diplomatici, tanto italiani che egiziani, che in questi mesi non hanno mai smesso di lavorare per arrivare alla soluzione auspicata“. Lo ha detto in un videomessaggio la presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
Per Meloni la grazia concessa a Patrick Zaki è frutto di una “lunga e costante trattativa” tra il governo italiano e quello egiziano, che ha visto protagonisti il premier Giorgia Meloni, il ministro degli Esteri Antonio Tajani che ha svolto diverse missioni in Egitto in questi mesi, e l’Aise, l’agenzia di intelligence che si occupa dell’estero.
IL MINISTRO TAJANI: “NESSUN BARATTO, CONTINUEREMO A CHIEDERE VERITÀ PER REGENI”
Su una cosa è certo Antonio Tajani, ministro degli Esteri. Parlando ai microfoni di 24 Mattino su Radio 24 ha voluto chiarire che in merito alla vicenda non c’è stato “nessun baratto, nessuna trattativa sottobanco. Il governo è stato in grado di far tornare un giovane che rischiava di stare ancora un po’ di tempo in carcere”. Il vicepresidente del Consiglio ha affermato che in merito al caso Regeni “continueremo a chiedere che si faccia luce sulla vicenda, come abbiamo sempre fatto, abbiamo sempre messo sullo stesso piano le due questioni“.