L’uomo è finito ai domiciliari con le accuse di truffa e falsità ideologica. Sequestrati dalla Gdf oltre 80 mila euro.
Parma -Dal 2012 faceva il medico di guardia all’interno del carcere di Parma ma, secondo le indagini della Guardia di Finanza coordinate dalla Procura della città emiliana, si sarebbe allontanato sistematicamente dalla struttura penitenziaria durante l’orario in cui avrebbe dovuto assicurare la propria presenza in servizio recandosi in altre strutture sanitarie private e in studi professionali riconducibili a medici di assistenza primaria, che sostituiva durante i loro periodi di assenza.
Per questo motivo il medico è stato raggiunto da un’ordinanza di misura cautelare personale degli arresti domiciliari e da un decreto di sequestro preventivo emessi dal Gip del Tribunale di Parma, su richiesta della Procura della Repubblica per 81.650 euro.
L’uomo era stato incaricato nel 2012 dall’Ausl parmigiana di svolgere l’attività medica all’interno del carcere cittadino ma la sua posizione è finita nel mirino del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria durante una verifica sugli incarichi professionali della stessa azienda sanitaria.
Da quegli accertamenti era emerso che l’indagato, oltre a tale attività, svolgeva altri incarichi professionali presso strutture mediche private ed erogasse prestazioni in sostituzione di medici di medicina generale in città. Da qui la verifica dell’effettiva permanenza del medico presso il carcere.
Le successive attività investigative condotte dalle Fiamme Gialle attraverso pedinamenti, il tracciamento del Gps collegato all’autovettura in uso all’indagato, l’installazione di una videocamera per inquadrare il marcatore del badge, nonché l’incrocio dei tabulati telefonici e delle registrazioni di tre diversi badge di pertinenza uno dell’Ausl e due dell’Istituto penitenziario, hanno verificato che il professionista timbrava l’ingresso presso tre differenti terminali, restava nella struttura per poche ore e poi, senza timbrare, usciva per recarsi negli altri studi medici privati per poi rientrare a fine giornata e “timbrare” l’uscita dall’Istituto penitenziario.
Le ipotesi di reato contestate all’indagato sono truffa aggravata ai danni dello Stato e falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici.