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Orafi raggirati: monili di ottone anziché “14 carati”

Raggiri milionari ai danni di commercianti orafi: un’operazione ha consentito di smascherare il sistema truffaldino e recuperare parte del denaro illecitamente acquisito.

Arezzo – I militari del Nucleo di polizia Economico-Finanziaria, al termine di un’articolata indagine condotta per il reato di truffa aggravata, hanno individuato due soggetti, riconducibili ad una società aretina, operante nel commercio di bigiotteria.

Si tratta di un’attività investigativa, diretta e coordinata dalla procura della Repubblica presso il tribunale, caratterizzata dall’esecuzione di serrati accertamenti, che hanno permesso di acquisire fondati elementi circa l’esistenza di un grave sistema truffaldino, che si è consumato a carico di commercianti orafi di stanza negli Stati Uniti ed in Giordania.

Gli accertamenti traggono origine dalla denuncia-querela sporta da un imprenditore, legale rappresentante di una società araba di intermediazione di livello internazionale, a cui sono stati venduti oggetti non rispondenti alle effettive caratteristiche contrattualizzate con il fornitore.

Infatti, la compravendita ha riguardato la cessione monili di ottone placcati in oro, in luogo di semilavorati/oreficeria di metallo prezioso di purezza “14 carati”, previsti dagli accordi negoziali.

Ingente il danno patito dalla vittima che, a seguito del raggiro subito, ha corrisposto oltre 300.000 euro, per oggetti di ben più basso valore commerciale.

I protagonisti di tale vicenda, deferiti alla locale Autorità Giudiziaria, sono due soggetti, di cui uno, reale dominus del sistema fraudolento, è già noto alle cronache giudiziarie, capace di ideare e realizzare gli artifizi e raggiri posti alla base delle condotte illecite.

La tempestività dell’intervento dell’autorità giudiziaria e delle Fiamme gialle ha permesso di acquisire ed analizzare documentazione di interesse probatorio, localizzare e sequestrare i beni oggetto della truffa, proprio all’atto della spedizione, e di sottoporre a sequestro preventivo d’urgenza parte del denaro provento del reato già incamerato dagli indagati, per un ammontare di circa 135.000 euro.

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