Operazione Minefield: estorsioni e minacce, imprenditori calabresi in manette

Tra le minacce più gravi, quelle effettuate da un giovane calabrese, figlio di un condannato in via definitiva per associazione di stampo mafioso nel processo Aemilia.

Reggio Emilia – Due calabresi, al vertice del sodalizio criminale emerso nell’ambito dell’operazione “Minefield”, sono stati arrestati dai finanzieri di Reggio Emilia. Avrebbero agito con estorsioni e minacce nei confronti di un imprenditore che ha rivelato agli inquirenti di essere stato inserito in un meccanismo criminale e di aver subito richieste di denaro a carattere sia estorsivo sia usurario da diversi soggetti. Tra le minacce più gravi, si segnalano quelle effettuate da un giovane calabrese, figlio di un condannato in via definitiva per associazione di stampo mafioso nel processo Aemilia.

È stato arrestato anche un noto imprenditore locale, che al momento del fermo si trovava in provincia di Taranto, gravemente indiziato di aver commesso reati di usura ed estorsione aggravata. L’imprenditore avrebbe riscosso crediti usurari di elevato importo da un imprenditore di origine campana in difficoltà economiche, soggetto a minacce e violenze. Questo stesso imprenditore era già emerso nell’ambito dell’operazione “Minefield” per reati tributari legati all’utilizzo ed emissione di fatture per operazioni inesistenti.

Le attività d’indagine hanno rivelato che gli imprenditori calabresi avrebbero sollecitato la riscossione illecita dei crediti, derivanti dai delitti posti in essere dall’associazione per delinquere emersa nell’ambito dell’operazione “Minefield”. Questi imprenditori avrebbero violato le prescrizioni del divieto comunicativo a loro imposto durante la precedente misura degli arresti domiciliari. Nel loro interesse avrebbero operato sul territorio reggiano anche ulteriori tre soggetti contigui alla criminalità organizzata, già arrestati lo scorso 10 agosto a seguito di condotte estorsive e minacce nei confronti del già menzionato imprenditore campano.

L’operazione “Minefield” dello scorso febbraio aveva permesso di individuare un’associazione per delinquere costituita da soggetti originari di Cutro, professionisti calabresi e campani, e altri soggetti di origine pugliese (della provincia di Foggia), che attraverso un reticolo di “società cartiere” aveva gestito un giro d’affari stimato in oltre 30 milioni di euro nel settore delle prestazioni di servizi, quali mestieri di pulizie, cantieristica e manodopera, in ambienti contigui alla criminalità organizzata.

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