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Omicidio Tizzano. Maxi operazione antimafia: in manette 82 malavitosi

L’operazione ha inizio dal procedimento relativo all’omicidio – di matrice mafiosa – di Roberto Tizzano e al contestuale ferimento di Roberto Bruno. I militari in una maxi operazione sono riusciti a smantellare un giro malavitoso che coinvolgeva diversi clan mafiosi che si contendevano le maggiori piazze di spaccio della zona.

Foggia – I carabinieri del Comando Provinciale, con il supporto operativo dei militari degli altri Comandi Provinciali dell’Arma della Legione Carabinieri “Puglia”, dello Squadrone Eliportato Cacciatori di “Puglia”, dei Nuclei Cinofili Carabinieri di Modugno (BA), Chieti e Tito (PZ), nonché del Nucleo Elicotteri Carabinieri di Roma e dell’11° Reggimento Carabinieri “Puglia”, hanno eseguito alle prime luci dell’alba un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip presso il Tribunale di Bari, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia e con il contributo della Direzione Nazionale Antimafia, nei confronti di n. 82 persone, tutte gravemente indiziate per i reati associazione per delinquere finalizzata al traffico ed allo spaccio di sostanze stupefacenti ed altri reati, aggravati dal metodo e dalla finalità mafiosa.

L’imponente indagine antimafia convenzionalmente denominata “Game Over”, condotta dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Foggia e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, trae origine dal procedimento relativo all’omicidio – di matrice mafiosa – di Tizzano Roberto e al contestuale ferimento di Bruno Roberto, entrambi esponenti di rilievo della batteria “Moretti-Pellegrino-Lanza”, sotto-articolazione dell’organizzazione mafiosa nota come “Società foggiana” , colpiti con colpi d’arma da fuoco il pomeriggio del 29 ottobre 2016.

Un’operazione che ha coinvolto 82 uomini dei clan mafiosi pugliesi

Per tale delitto di mafia sono stati condannati, in via definitiva, Villani Patrizio, Sinesi Cosimo Damiano e Sinesi Francesco, tutti appartenenti alla batteria antagonista “Sinesi-Francavilla”. Le sentenze hanno accertato che mandante dell’efferata azione era stato Sinesi Francesco, in risposta al tentato omicidio perpetrato, in data 6 settembre 2016, ai danni di suo padre Sinesi Roberto, capo storico dell’omonima batteria mafiosa.

Il luogo del delitto, bar “All’H24” di Foggia, si è rilevato, a seguito delle indagini compiute, la base operativa centrale del traffico di sostanze stupefacenti. Dagli sviluppi investigativi svolti al riguardo, mediante l’uso massivo di attività tecniche , anche di ultima generazione, è stata possibile, nei periodi successivi, l’esecuzione – tra le altre – di due importanti inchieste antimafia coordinate sempre dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari e precisamente: 1 di cui 81 sottoposti alla custodia del carcere ed 1 alla misura degli arresti domiciliari costituita dalle tre “batterie”: “Moretti-Pellegrino-Lanza”, “Sinesi-Francavilla” e “Trisciuoglio-Prencipe-Tolonese”.

Le 82 ordinanze di arresto

Dagli sviluppi investigativi svolti al riguardo, mediante l’uso massivo di attività tecniche (intercettazioni), anche di ultima generazione, è stata possibile, nei periodi successivi, l’esecuzione – tra le altre – di due importanti inchieste antimafia coordinate sempre dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari e precisamente:
• “Decima Azione”: inchiesta giudiziaria conclusasi con l’esecuzione di un’ordinanza di
custodia cautelare a carico dei maggiori 30 esponenti della consorteria mafiosa della
cd. “Società Foggiana”, che ha riguardato il contesto criminale delle estorsioni in danno del
tessuto imprenditoriale cittadino, praticate “a tappeto” e con criteri di sistematicità nei
confronti delle relative vittime;
• “DecimaBis”: inchiesta giudiziaria conclusasi con l’esecuzione di un’ordinanza di
custodia cautelare a carico di 40 soggetti appartenenti sempre alla predetta
consorteria, che ne ha accertato gli ambiti operativi criminali e le infiltrazioni nel tessuto
sociale ed economico ed in particolare le estorsioni realizzate con metodo mafioso, la
turbata libertà degli incanti ed anche gli agguati compiuti con armi, il tutto al fine di
esercitare un violento controllo del territorio, di natura “militare”, espressione tipica di
quella forza di intimidazione tipica dell’agire mafioso.

L’operazione eseguita oggi, “Game Over”, rappresenta la prosecuzione, sul versante investigativo, nell’azione di contrasto nei confronti dell’organizzazione mafiosa “Società foggiana”.

Maxi operazione che ha coinvolto tutti i reparti dei Carabinieri

Si è in particolare focalizzata sulle fonti di guadagno illecite di tale struttura criminale che, secondo le indagini, sono derivanti da due canali:
– le sistematiche estorsioni, compiute ai danni al tessuto imprenditoriale e ricostruite nei dettagli dalle indagini Decimazione e Decimabis, praticate con lo scopo di far confluire i proventi illeciti nella “cassa comune”, utilizzata per il sostentamento, l’assistenza e la sopravvivenza del sodalizio mafioso;
– il fiorente traffico di sostanze stupefacenti, perpetrato con aggressivo e minuzioso sistema di regole, che hanno garantito, ai vertici operativi del sodalizio, non a caso coincidenti con i vertici delle “batterie” mafiose, la possibilità di un controllo capillare e di una posizione di monopolio nella vendita della cocaina, attraverso l’imposizione dell’obbligo, a pena di pesanti ritorsioni anche armate, di commercializzare esclusivamente la sostanza stupefacente fornita dal sodalizio stesso.

Gli attimi poco dopo il blitz antimafia

Tale imposizione, attuata con le caratteristiche tipiche delle organizzazioni mafiose, ha assicurato all’associazione consistenti profitti illeciti ed ulteriori 7 Euro per ogni grammo di cocaina venduta a Foggia. Profitti, questi, utilizzati anche per alimentare la “cassa comune”, funzionale al perseguimento degli scopi criminali della cd. “Società foggiana”. Secondo quanto emerso e ritenuto dal Gip (fatta sempre salva la valutazione nelle fasi successive), i delitti contestati sarebbero stati perpetrati con metodologie organizzative ed operative che ricalcano fedelmente quelle praticate in materia di estorsioni. Le tre articolazioni componenti l’aggregato mafioso della “Società foggiana”, infatti, hanno esercitato la loro “pressione mafiosa” per la monopolizzazione del traffico di cocaina sul territorio cittadino.

Per tali narcotraffici, infatti, il sodalizio in questione:
– ha pianificato dettagliatamente l’organizzazione del traffico di cocaina attraverso continue riunioni in cui sono state determinate rigide regole (c.d. “cartello del narcotraffico”);

– ha imposto il monopolio della vendita di cocaina nella città di Foggia, mediante una forza
intimidatrice propria, derivante dal riconosciuto nonché temuto spessore criminale dei soggetti al vertice dell’organizzazione stessa, direttamente investiti dagli storici capoclan, che si sono avvalsi di una fitta rete informativa, utilizzata per controllare militarmente le “piazze” di spaccio;

ha immesso sul mercato cittadino considerevoli quantitativi di sostanze stupefacenti, stimati in circa 10 chilogrammi al mese di cocaina, acquistata ad un prezzo di poco inferiore ai 40 euro al grammo, poi rivenduta, a seconda dei casi, a 55 o 60 euro al grammo. I profitti realizzati dalla consorteria mafiosa sono quantificabili in almeno 200.000 euro al mese, e le dosi di cocaina immesse sulle piazze di spaccio corrispondono, invece, a circa 50.000 al mese;

ha immesso sul mercato cittadino considerevoli quantitativi di sostanze stupefacenti, stimati in circa 10 chilogrammi al mese di cocaina, acquistata ad un prezzo di poco inferiore ai 40 euro al grammo, poi rivenduta, a seconda dei casi, a 55 o 60 euro al grammo. I profitti realizzati dalla consorteria mafiosa sono quantificabili in almeno 200.000 euro al mese, e le dosi di cocaina immesse sulle piazze di spaccio corrispondono, invece, a circa 50.000 al mese;

-ha usufruito di depositi sorvegliati per la custodia ed il confezionamento della cocaina;

-ha “governato” le piazze di spaccio con una fitta rete di venditori, tutti pienamente consapevoli di operare illecitamente nell’ambito di contesto associativo asservito a scopi mafiosi (c.d. finalizzazione mafiosa del narcotraffico), inquadrati in vere e proprie “squadre operative” e ripartiti, secondo il livello operativo, nella “lista dei grossi” e nella “lista dei piccoli”, a cui venivano distribuiti con cadenza regolare quantitativi prestabiliti di cocaina, nell’ordine delle centinaia di grammi i primi e delle decine di grammi invece i secondi;

-ha mantenuto una minuziosa contabilità della droga distribuita alle “squadre di spaccio” e dei relativi corrispettivi realizzati, riscuotendoli mediante gli “addetti al giro inverso” presso gli spacciatori ed elaborando così vere e proprie “liste della contabilità”, funzionali alla gestione del narcotraffico;

ha raccolto i profitti del traffico di droga e, in analogia con la gestione dei profitti delle estorsioni, ha alimentato la “cassa comune”, utilizzata per distribuire i guadagni illeciti,assicurare somme ai sodali, denaro devoluto al mantenimento dei familiari ed accoliti in stato di detenzione, anche al fine di scoraggiare il fenomeno del pentitismo.

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