Svolta a 34 anni dal delitto del giudice, ucciso dalla mafia. La DDA di Reggio Calabria cerca tracce biologiche: conferito l’incarico alla polizia scientifica.
Reggio Calabria – A 34 anni dall’assassinio del giudice Antonino Scopelliti, avvenuto il 9 agosto 1991 a Piale, frazione di Villa San Giovanni, la Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Reggio Calabria ha affidato oggi nuovi accertamenti tecnici irripetibili di tipo biologico, focalizzati sull’autoradio della BMW 316i su cui viaggiava il magistrato. Coordinati dal procuratore Giuseppe Lombardo e dal sostituto Sara Parezzan, gli esami, che inizieranno materialmente il 5 giugno, mirano a rilevare tracce biologiche utili per l’identificazione del DNA e la ricostruzione balistica dell’agguato mafioso. L’inchiesta, che vede 20 indagati tra i vertici di Cosa Nostra catanese e della ‘Ndrangheta, potrebbe segnare una svolta cruciale per fare luce su uno dei delitti più gravi della storia italiana.
Accertamenti sull’autoradio: un passo verso la verità
Il conferimento dell’incarico alla polizia scientifica di Reggio Calabria, avvenuto oggi, rappresenta un tassello fondamentale nell’inchiesta riaperta sull’omicidio di Antonino Scopelliti, sostituto procuratore generale della Cassazione, ucciso a 56 anni mentre preparava l’accusa per il maxiprocesso a Cosa Nostra. Gli accertamenti, disposti dalla DDA, si concentrano sull’autoradio della BMW 316i, conservata per anni dalla famiglia e ora sotto sequestro. Al perito nominato è stato chiesto di “verificare la presenza di eventuali tracce biologiche e procedere ai conseguenti rilievi sull’autoradio, utili sia per la determinazione del profilo del DNA sia ai fini balistici, per ricostruire la direzione dei colpi esplosi”.
Gli esami, che inizieranno già domani nei laboratori del Gabinetto regionale di polizia scientifica, sono considerati irripetibili, consentendo agli indagati di nominare consulenti tecnici di parte. I risultati saranno confrontati con altri accertamenti in corso per “effettuare una ricostruzione tridimensionale della scena del crimine, determinare la dinamica dell’azione e ricostruire la traiettoria dei proiettili”. L’autoradio, un elemento inedito nell’indagine, potrebbe custodire tracce biologiche (come impronte, sangue o residui organici) capaci di collegare gli autori materiali del delitto o confermare le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Maurizio Avola.
L’inchiesta: 20 indagati e la pista Cosa Nostra-‘Ndrangheta
L’inchiesta conta attualmente 20 indagati, accusati di omicidio, tra i vertici di Cosa Nostra catanese e della ‘Ndrangheta reggina. Inizialmente erano 24, ma tre sono deceduti: Matteo Messina Denaro, boss di Castelvetrano, morto nel 2023; Giovanni Tegano, capoclan di Archi; e Francesco Romeo, cognato di Benedetto “Nitto” Santapaola. Quest’ultimo, pur figurando tra gli indagati, non è perseguibile, essendo stato assolto in un precedente processo per l’omicidio Scopelliti.
Tra gli indagati spicca Vincenzo Salvatore Santapaola, figlio di Nitto, indicato da Maurizio Avola come l’esecutore materiale del delitto. Secondo Avola, Santapaola avrebbe sparato con un fucile a canne mozze calibro 12 dal sellino posteriore di una Honda Gold Wing, guidata dallo stesso pentito, che avrebbe affiancato la BMW di Scopelliti. Il fucile, seppellito a Belpasso (Catania), è stato recuperato nel 2018 e analizzato il 21 marzo 2019.
La Procura di Reggio Calabria, guidata da Lombardo, ipotizza una convergenza tra mafie siciliane e calabresi. Le indagini, arricchite da un esperimento giudiziale dell’8-9 aprile 2025, hanno ricostruito la dinamica dell’agguato riposizionando la BMW sul luogo del delitto, una strada tortuosa tra Ferrito e Piale. Secondo Avola, l’operazione coinvolse anche Matteo Messina Denaro, a bordo di un’Alfa Romeo 164, e altri esponenti come Aldo Ercolano e Marcello D’Agata. Le informazioni sulle abitudini di Scopelliti sarebbero state fornite da Salvo Lima a Messina Denaro, con un basista calabrese a supporto.
Il contesto dell’omicidio: un magistrato contro la mafia
Antonino Scopelliti fu ucciso alle 17.20 del 9 agosto 1991, mentre tornava a Campo Calabro dopo una giornata al mare. Non aveva scorta, nonostante fosse stato designato a rappresentare l’accusa nel maxiprocesso a Cosa Nostra in Cassazione. L’agguato, eseguito con un fucile calibro 12 a pallettoni, fece sbandare la BMW, che finì in un fosso tra gli ulivi. Secondo i pentiti Giacomo Lauro e Filippo Barreca, Cosa Nostra chiese alla ‘Ndrangheta di eliminare Scopelliti in cambio della mediazione per porre fine alla seconda guerra di mafia reggina, che causò 800 morti.
Due processi negli anni ‘90 contro boss come Salvatore Riina, Bernardo Provenzano e Nitto Santapaola si conclusero con condanne in primo grado, ma assoluzioni in appello per mancanza di prove concordanti. Nel 2012, il pentito Antonino Fiume rilanciò l’inchiesta, seguita nel 2019 dall’iscrizione di 17 indagati, tra cui Messina Denaro e vertici della ‘Ndrangheta come Giuseppe Piromalli e Giorgio De Stefano.