La sentenza del tribunale di Brescia: le due sorelle e il fidanzato non uccisero per soldi né per odio ma per cementare il loro sodalizio. “Copione grottesco ispirato dalle serie tv”.
Brescia – Non hanno ucciso per soldi e neppure per odio verso la vittima, ma per “gratificare l’ego del gruppo e celebrare adeguatamente la loro coesione. Un piano cervellotico a cui le serie tv hanno offerto una forte componente di imitazione e ispirazione”. Sono queste le motivazioni con cui la corte d’Assise di Brescia ha accompagnato la sentenza di condanna in primo grado all’ergastolo per le sorelle Paola e Silvia Zani, oggi 30 e 22 anni, e Mirto Milani, 30, amante della prima e fidanzato della seconda. Il “trio criminale” che, secondo i giudici, ha ucciso a Temù, in Valcamonica, Laura Ziliani, ex vigilessa e madre delle due imputate.
Laura Ziliani, 55 anni, fu stroncata la notte tra il 7 e l’8 maggio del 2021: i tre prima l’hanno avvelenata e poi l’hanno soffocata fino a che non ha esalato l’ultimo respiro. Tutti e tre hanno partecipato a progettare e mettere in atto l’omicidio, secondo un piano criminale che durava da tempo. E che ha compreso anche la messinscena architettata il giorno dopo il delitto, quando le due giovani hanno denunciato la scomparsa della madre piangendo davanti alle telecamere e chiedendo aiuto per ritrovare la donna. Invece lei era già morta e il corpo era stato fatto sparire: sarebbe stato ritrovato due mesi dopo da un passante lungo l’argine dell’Oglio, a poche centinaia di metri dalla casa di Temù dove abitava.
Le indagini avevano finito per incastrare i tre, che uno dopo l’altro hanno confessato. Davanti ai giudici, si erano difesi sostenendo di aver agito per reagire al tentativo della vittima di avvelenarli. Per la corte, invece, tutti e tre erano capaci di intendere e di volere e hanno ucciso deliberatamente, sapendo benissimo quel che facevano e avendo ben compreso il piano criminale che si accingevano a compiere.
Secondo i giudici bresciani, la donna è stata “capro espiatorio e la vittima sacrificale di un abominio consumato in spregio al divieto ancestrale di versare sangue all’interno della propria stirpe”. I tre – scrive la corte – “hanno agito di concerto tra loro concorrendo a comporre, ciascuno per la propria parte il mosaico del progetto criminoso”. Secondo il presidente della Corte d’assise di Brescia Roberto Spanò sono inesistenti sia il movente dell’odio da parte del trio nei confronti della vittima che quello economico: uccidendo la madre, Silvia e Paola non avrebbero incrementato il loro patrimonio.
“L’unica persona che ha mostrato un reale interesse per certi versi spasmodico per il patrimonio della defunta Laura Ziliani è stata la madre di Mirto Milani”, si legge nelle 98 pagine di motivazioni della sentenza. “Il ruolo debordante da convitato di pietra assunto dalla donna può avvalorare il sospetto che il figlio l’abbia messa sin da subito a conoscenza dell’omicidio, come parrebbe comprovato nei messaggi inviati dall’imputato dal carcere allo scopo di depistare le indagini, nonché delle cautele adottate dai due per impedire la captazione delle loro conversazioni”.
Quanto alle modalità adottate per sopprimere la vittima, il “trio criminale” avrebbe attinto a piene mani dalle serie tv di cui i componenti erano appassionati. Un copione definito dai giudici “grottesco, stucchevole e parodistico” nel quale sono confluiti “piante venefiche ed alambicchi, pastiglie ustionanti, citotossine in uso al KGB, intercettazioni domestiche, video artigianali, depistaggi grossolani; codici cifrati, disperazioni artefatte, simulati tentativi di suicidio in luoghi scenografici, poliamori e fratture sentimentali, discolpe ed accuse, messaggi subliminali. ‘Puffi alla riscossa’ e i gatti ‘Buba’ e ‘Monocolo’“, si legge nella sentenza. Dalla serie tv “Breaking Bad” i tre “avrebbero appreso che anche la ricina era tossica: grazie ad una ricetta e ad un filmato in lingua inglese, avevano così ricavato dalla pianta del ricino una polvere poi inserita, senza alcun effetto, nei bocchettoni dell’aria condizionata dell’auto della madre. Un’altra idea era stata quella di utilizzare l’antigelo, ma la quantità necessaria per provocare l’effetto letale rendeva il piano inattuabile. Avevano infine pensato di simulare un incidente in montagna, ma il fatto che il padre ne era stato vittima nel passato poteva ingenerare sospetti su di loro”.
Oltre a “Breaking Bad”, altre “ispirazioni” al trio sarebbero giunte dalla serie TV “Dexter”: prendendo spunto da uno degli episodi, avrebbero raccolto “lungo la pista ciclabile di Temù una pianta velenosa, l’aconito, e avevano tentato, senza successo, di estrarne il principio attivo”. Dal fallimento dei goffi tentativi, la decisione finale di uccidere Laura Ziliani strangolandola. Decisione ora pagata con l’ergastolo.