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Ok dalla Camera al ddl Autonomia con 172 sì, è legge: le novità della riforma

Sì alla riforma Calderoli dopo una lunga maratona notturna, tra le proteste dell’opposizione sulla “Spacca-Italia”. Lega “Giornata storica”.

Roma – Giunge dopo una lunga maratona notturna alla Camera il secondo e definitivo sì al disegno di legge sull’Autonomia. L’Aula di Montecitorio ha infatti licenziato il provvedimento con 172 sì 99 voti contrari e 1 astenuto. E’ legge. Ed è scontro con le opposizioni sul contenuto del dl. Nonostante i dubbi sollevati da Forza Italia negli scorsi giorni, anche il partito di Antonio Tajani si è unito al resto della maggioranza nella votazione. Il Senato aveva approvato il ddl alla fine di gennaio, dunque ora la trasformazione in legge è definitiva. La riforma mira a fare in modo che le Regioni italiane possano gestire materie che oggi, invece, sono sotto il controllo dello Stato. Ora, comunque bisognerà aspettare che il governo definisca i Lep prima che l’autonomia possa essere messa in atto: nel testo c’è scritto che l’esecutivo avrà due anni di tempo per farlo.

Riccardo Molinari capogruppo della Lega alla Camera ha parlato di una giornata storica e afferma: “Gli argomenti che usavano i fascisti veri contro l’autonomia sono gli stessi che avete usato voi in questi 15 giorni. L’articolo 5 della Costituzione dice che ‘la Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali’. Quando dite che l’autonomia è contro la Costituzione o non sapete di cosa parlate o mentite”.

La premier Meloni e il ministro Calderoli

Dal Pd e M5S, che ieri hanno manifestato contro l’autonomia e il premierato, piovono critiche al vetriolo: “Cambiate il vostro nome di in ‘brandelli d’italia’ o ‘fratelli di mezza Italia’ visto che la state spaccando, vergogna”, ha detto a FdI la segretaria Pd, Elly Schlein, nella dichiarazione di voto . E il leader pentastellato Giuseppe Conte dopo la maratona notturna scrive: “Sono le 7.39: da ieri e per tutta questa notte stiamo contrastando la maggioranza decisa ad approvare, in questa seduta fiume alla Camera, il disegno di legge Spacca-Italia, che condanna il Sud e le aree più in difficoltà del Paese al peggioramento delle proprie condizioni riguardanti la sanità, l’istruzione, i trasporti. Continueremo a contrastarli in tutti i modi: in Parlamento e nelle piazze”.

“Un malefico disegno di legge dell’arroganza della violenza, delle botte”. Alfonso Colucci, deputato M5s, non usa mezzi termini nel criticare il ddl sull’autonomia differenziata definita un provvedimento che “spacca l’Italia e sfregia la solidarietà”. Colucci, in dichiarazione di voto alla Camera, ha poi definito quanto successo al collega Donno la settimana scorsa una “spedizione punitiva, repressiva ed evocativa di aggressioni squadriste”. 

La maxi rissa alla Camera

Il testo del disegno di legge è diviso in undici articoli, che servono a stabilire le procedure che le amministrazioni delle Regioni devono seguire per ottenere maggiori autonomie. Lo scopo, si legge, è di “rimuovere discriminazioni e disparità di accesso ai servizi essenziali sul territorio”. Di fatto, si darà la possibilità alle Regioni si controllare tutte quelle materie che non sono a competenza esclusiva dello Stato, ovvero tutela dell’ambiente e dei beni culturali, istruzione e giudici di pace. Tutto il resto – dal lavoro alla previdenza sociale, dall’energia alla protezione civile, fino alla sanità che è già gestita in buona parte dalle Regioni – potrà finire in mano alle amministrazioni regionali.

Se le Regioni vogliono prendere più autonomia su una certa materia, dovranno essere in grado di garantire i cosiddetti Lep, i Livelli essenziali delle prestazioni. Quali siano però i Lep da rispettare è una questione che sarà il governo a decidere: nel ddl c’è una delega all’esecutivo per trovare i livelli essenziali entro due anni dall’entrata in vigore della legge. Uno degli aspetti più contestati della legge è che l’intera riforma non deve creare “nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Insomma, il governo si incaricherà di stabilire quali siano i Lep da rispettare, ma poi non ci saranno nuovi stanziamenti di fondi per garantire che tutte le Regioni possano garantire questi livelli.

Un presidio contro il ddl Calderoli sull’autonomia differenziata

Proprio questo farebbe correre il rischio che le Regioni più ricche, quelle del Nord, possano assumere la gestione autonoma di diversi aspetti e sfruttare la propria situazione economica per offrire servizi migliori. Al contrario le Regioni più in difficoltà – soprattutto quelle del Sud – si troverebbero senza strumenti per arrivare allo stesso livello. Ne nascerebbe, quindi, un circolo vizioso, secondo chi avanza critiche. Il padre della riforma, il leghista Roberto Calderoli, ministro degli Affari regionali e dell’Autonomia ha sottolineato che “qualunque tipo di trasferimento non sarà possibile se non quando saranno definiti i Lep, i costi e i fabbisogni standard senza nessun rischio per la tenuta del Paese, che è andato avanti comunque”.

L’autonomia differenziata, ha insistito Calderoli, “è nella nostra Costituzione dal 2001. Può piacere o meno, ma stiamo dando attuazione alla Costituzione”. Per quanto riguarda i fondi, il ministro ha ribadito che non è ancora il momento per sapere quanti ne serviranno: “Prima di tutto bisogna sapere quali sono quei diritti civili e sociali che noi dobbiamo garantire e in quel momento, dopo aver fatto e creato il costo il fabbisogno standard, potrò sapere quante risorse avrò la necessità di avere a disposizione”, stanziandole “anno dopo anno”.

Dopo la votazione ha commentato il sottosegretario leghista Massimo Bitonci, che si trovava in Aula ed è stato ripreso dal presidente Fontana per aver filmato il momento del voto: “Oggi, più che mai, è chiaro che l’autonomia differenziata è la scelta migliore per il futuro dell’Italia, un sogno che diventa realtà, richiesto a gran voce da veneti e lombardi con i referendum del 2017″. Per Bitonci, “la Lega ed il centrodestra al governo, dopo la seduta fiume di questa notte, hanno riscritto la storia”.

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