Accuse pesanti quelle mosse da Cartabellotta che, qualora fossero suffragate da prove, si andrebbero ad aggiungere a quelle, sconcertanti, che riguardano la cattiva gestione di alcune Rsa.
E se la giunta regionale lombarda avesse modificato i dati per la paura di un nuovo stop? Fantascienza? Ipotesi remota? Non per la Fondazione Gimbe, che dietro alcuni numeri vede una gestione della cosa pubblica tutt’altro che trasparente:
“…In Lombardia – afferma il presidente della Fondazione Nino Cartabellotta – si sono verificate troppe stranezze sui dati pandemici nel corso di questi tre mesi: soggetti dimessi che venivano comunicati come guariti che andavano ad alimentare il cosiddetto “silos dei guariti”, alternanze e ritardi nella comunicazione dei dati (cosa che poteva essere giustificata nella fase dell’emergenza quando c’erano moltissimi casi ma molto meno ora), eppure i riconteggi sono molto più frequenti in questa fase 2. È come se ci fosse una sorta di necessità nel mantenere sotto un certo livello quello che è il numero dei casi diagnosticati…La Lombardia probabilmente ha avuto questa enorme diffusione del contagio in una fase precedente al caso 1 di Codogno e le misure di lockdown, come avevamo chiesto noi all’inizio di marzo, dovevano essere più rigorose e restrittive. Avevamo chiesto la chiusura dell’intera Lombardia, un po’ come Wuhan, perché era evidente che quel livello di esplosione del contagio non poteva che essere testimonianza di un virus che serpeggiava in maniera molto diffusa già nel mese di febbraio. Non è stato fatto, non sono state prese tutta una serie di decisioni, come la mancata chiusura delle zone di Alzano Lombardo e Nembro, che hanno determinato tutto quello che è successo nella bergamasca. E poi quella smania ossessiva di riaprire…”.
Accuse pesanti quelle mosse da Cartabellotta che, qualora fossero suffragate da prove, si andrebbero ad aggiungere a quelle, sconcertanti, che riguardano la cattiva gestione di alcune Rsa. La domanda, dunque, sorge spontanea: se la direzione politica lombarda fosse stata più repentina nel dichiarare una completa paralisi regionale, la virulenza del Covid-19 avrebbe potuto essere arginata? Certamente è ancora presto per avere delle risposte. Dovremo aspettare che la magistratura faccia il suo lavoro e non sarà facile. I dubbi , però, rimangono:
“…È evidente che i casi sommersi sono 10-20 volte quelli esistenti – aggiunge Cartabellotta – e se non si vanno a identificare, tracciare e isolare questi individui continuano a girare e contagiare. E’ un cane che si morde la coda: da una parte non si vogliono fare troppi tamponi per evitare di mettere sul piatto troppi casi, dall’altro non identificando questi casi si alimenta il contagio tanto che, secondo la valutazione che pubblichiamo oggi, negli ultimi 23 giorni, dal 4 al 27 maggio, la Lombardia ha il 6% di tamponi diagnostici positivi, e sottolineo ‘diagnostici’ perché se mettiamo in comune denominatore tutti i tamponi fatti è chiaro che questa percentuale artificiosamente scende. La Liguria è al 5,8%, il Piemonte al 3,8%. Le uniche due regioni che stanno facendo un’attività di testing massiccio sono Valle d’Aosta e provincia di Trento che dal 4 maggio stanno facendo circa 4.200 tamponi per 100mila abitanti. Un numero abbastanza consistente. Subito dopo ci sono Basilicata e Friuli che stanno a 2.200-2.300 mentre le regioni più colpite, Lombardia, Piemonte, Liguria, Emilia-Romagna, stanno intorno ai 1.200-1.500 al giorno…”.
Nel mentre, la risposta dalla Regione è arrivata puntuale, definendo le accuse di Cartabellotta gravissime:
“…In Lombardia – dichiarano dal Pirellone con una nota – fin dall’inizio della pandemia i vengono pubblicati in maniera trasparente e inviati alle istituzioni e alle autorità sanitarie preposte. Nessuno, a partire dall’Istituto Superiore di Sanità, ha mai messo in dubbio la qualità del nostro lavoro che, anzi, proprio l’Iss ha sempre validato ritenendolo idoneo per rappresentare la situazione della nostra regione… È inaccettabile ascoltare simili affermazioni che ci auguriamo vengano rettificate da chi le ha pronunciate…”.
Comunque stiano le cose pare che la Regione Lombardia abbia querelato la fondazione Gimbe per le accuse mosse all’Ente locale presieduto da Attilio Fontana. Un’altra vicenda che si risolverà nelle aule di giustizia.