Ministero Giustizia: non ci sono condizioni per l’estradizione dell’iraniano. Il legale: “Ora è libero”. Teheran conferma: rientrato in Iran.
Roma – “Il ministro Nordio ha depositato alla Corte di Appello di Milano la richiesta di revoca degli arresti per il cittadino iraniano Mohammad Abedini Najafabadi”. Lo rende noto il ministero della Giustizia, sottolineando in una nota che, “in forza dell’articolo 2 del trattato di estradizione tra il Governo degli Stati Uniti d’America e il Governo della Repubblica italiana, possono dar luogo all’estradizione solo reati punibili secondo le leggi di entrambe le parti contraenti, condizione che, allo stato degli atti, non può ritenersi sussistente”. Arrestato a Malpensa il 19 dicembre su richiesta degli Stati Uniti, l’iraniano è uscito dal carcere di Opera: il suo caso, per cui il legale aveva chiesto i domiciliari, si è intrecciato – almeno nella cronaca – con quello di Cecilia Sala. Il ministero degli Esteri di Teheran ha confermato che Abedini è rientrato in Iran.
“La decisione presa dal Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ci ha felicemente sorpresi – Così l’avvocato di Abedini in una nota -. Da giurista e da avvocato, sono molto contento delle motivazioni addotte a sostegno della richiesta di revoca della custodia cautelare, poiché si sposa con quanto sostenuto sin dall’inizio in merito all’assenza dei presupposti per l’estradizione ma soprattutto per l’attenzione data al valore fondamentale della libertà personale alla luce dei principi costituzionali. Ora il mio cliente è persona libera e potrà riprendere a sorridere e sperare. Mi ha sempre ripetuto che lui credeva e aveva fiducia nella giustizia. Oggi questa sua fiducia, questa nostra fiducia ha trovato un riscontro effettivo. Da ultimo, sento anche a nome del mio cliente di ringraziare tutti coloro che nel silenzio e con grande delicatezza hanno sostenuto questo nostro percorso e hanno accompagnato ogni nostro passo e timore con la preghiera”.
L’agenzia iraniana Irna, riportando le comunicazioni della magistratura di Teheran su Abedini, ha riferito che il suo arresto è stato effettuato per “un malinteso” e dopo l’intervento del ministero degli Esteri iraniano e i colloqui avvenuti tra i rispettivi funzionari del ministero dell’Intelligence iraniano e dei servizi italiani, il
problema è stato risolto. Abedini ha ribadito la sua estraneità alle accuse definendosi “stupito”. “Io sono un accademico, uno studioso: non sono certo un terrorista. Non capisco questo arresto, non riesco a capirlo”.
Il suo legale Alfredo de Francesco lo aveva ascoltato in carcere alla presenza anche del console dell’Iran. Il legale aveva confermato che il consolato aveva ‘garantito’ per lui la certezza che non sarebbe fuggito in caso di scarcerazione. Nella nota via Arenula spiega i passaggi della richiesta presentata ai magistrati di Milano nel dettaglio. “La prima condotta ascritta al cittadino iraniano di “associazione a delinquere per violare l’Ieepa (International emergency economic powers act – legge federale statunitense) non trova corrispondenza – si legge – nelle fattispecie previste e punite dall’ordinamento penale italiano”, viene precisato.
“Quanto alla seconda e terza condotta, rispettivamente di ‘associazione a delinquere per fornire supporto materiale a una organizzazione terroristica con conseguente morte’ e di ‘fornitura e tentativo di fornitura di sostegno materiale a una organizzazione terroristica straniera con conseguente morte’, nessun elemento risulta ad oggi addotto a fondamento delle accuse rivolte emergendo con certezza unicamente lo svolgimento, attraverso società a lui riconducibili, di attività di produzione e commercio con il proprio Paese di strumenti tecnologici avente potenziali, ma non esclusive, applicazioni militari”, fa sapere ancora il ministero della Giustizia.
Il governo iraniano ha sottolineato che “non esiste alcun legame tra gli arresti di Cecilia Sala e Mohammad Abedini Najafabadi. A sottolineare la posizione ufficiale del governo iraniano è stato il portavoce del Ministero degli Esteri, Esmail Baghaei, che allora aveva comunicato l’apertura di un’inchiesta sul caso Sala. Sull’uomo, arrestato a Malpensa e trasferito poi nel carcere milanese di Opera, pendeva dal 13 dicembre il mandato di arresto ai fini di estradizione, richiesta formalizzata dagli Stati Uniti. Un fermo su cui, però, la Procura ha acceso un faro avviando una indagine a modello 45, ossia senza ipotesi di reato e indagati. Per lui i giudici della Corte d’Appello di Milano avevano quindi disposto la misura cautelare in carcere per pericolo di fuga.
L’iraniano viene accusato di supporto ai Pasdaran di Teheran e, assieme ad un complice arrestato negli Usa, di cospirazione per esportare componenti elettronici dagli Stati Uniti all’Iran, in violazione delle leggi statunitensi sul controllo delle esportazioni e sulle sanzioni. “Lui respinge tutte le accuse e non riesce a capire i motivi dell’arresto”, ha sempre affermato il suo difensore Alfredo de Francesco.