Il 18enne arrestato per istigazione: “Speriamo che sto cog***ne non ha lasciato la chat aperta sennò mi sgamano”.
Perugia – Un cappio preparato, una foto inviata per chiedere consiglio, poi l’esitazione: “Non ho il coraggio”. Ma dall’altro capo della chat, un 18enne non ha esitato a spingere Andrea Prospero, 19 anni, verso la morte. “Mandale giù tutte insieme, con una bottiglia di vino non ti accorgi di morire. Non sentirai dolore, fallo e basta,” gli scriveva su Telegram.
È il 29 gennaio 2025 quando il corpo senza vita di Andrea, studente fuorisede di Informatica a Perugia, viene ritrovato in un piccolo B&B del centro storico, dopo cinque giorni di ricerche. Accanto a lui, sette blister vuoti di ossicodone, acquistati online da un ragazzo campano ora indagato. La Polizia Postale ha ricostruito una vicenda agghiacciante: un suicidio “in diretta” su chat, orchestrato da un coetaneo romano arrestato ieri per istigazione o aiuto al suicidio, ora ai domiciliari.
Una vita fragile dietro lo schermo
Andrea, originario di Lanciano (Chieti), si era trasferito a Perugia a settembre 2024 per iniziare l’università. Divideva una stanza in uno studentato, ma da gennaio aveva affittato segretamente un B&B in via del Prospetto, forse già con l’intento di farla finita lì. “Non ne posso più dell’università, non mi piace dividere la stanza con un estraneo, non vado neanche a mensa perché sono a disagio con i miei denti,” confidava al 18enne romano, conosciuto solo virtualmente. Da mesi assumeva farmaci per l’ansia—lo confermano gli esami sui capelli—e il pensiero del suicidio lo tormentava almeno da settembre. “Voglio un modo indolore,” scriveva, ricevendo suggerimenti sempre più macabri: prima una corda e uno sgabello, poi l’ossicodone con il vino.
La chat, recuperata dal cellulare di Andrea nonostante i messaggi cancellati dall’indagato, è un viaggio nell’orrore. Il 18enne non solo non lo dissuade, ma lo sprona: “Ce la puoi fare, vai, ammazzati. Prendili tutti assieme, beviti una bottiglia e non senti dolore. L’oxy dà piacere.” Quando Andrea smette di rispondere, il ragazzo scrive a un terzo utente: “Stiamo parlando con un morto, speriamo che sto cog***ne non ha lasciato la chat aperta sennò mi sgamano.” Alla proposta di chiamare i soccorsi, la replica è gelida: “No, facciamoci i cazzi nostri.”
L’indagine: due giovani sotto accusa
La Procura di Perugia, guidata da Raffaele Cantone, ha coordinato un’indagine complessa, basata su dati informatici. Il 17 marzo, la svolta: arresti domiciliari per il 18enne della provincia di Roma, incensurato e da famiglia “normale,” accusato di aver “rafforzato il proposito suicidiario” di Andrea. Un secondo giovane, in Campania, è indagato per aver venduto l’ossicodone: a casa sua, trovati 10 mila euro in contanti, segno di un giro lucroso di farmaci online. “Non sapeva dell’intento suicida,” precisa Cantone, escludendolo dall’accusa di istigazione.
Nella stanza di Andrea, cinque cellulari, 60 SIM e due carte di credito non sue alimentano il mistero. Era un “cracker,” un esperto informatico con una doppia vita digitale? L’indagine, definita “solo il primo tassello,” punta a chiarire questi enigmi.
La famiglia: “Un monito sui pericoli del web”
La famiglia di Andrea non ha mai creduto al suicidio solitario. “Aspettiamo sviluppi, ma io penso sia omicidio,” dice il padre Michele. L’avvocato Carlo Pacelli rincara: “Andrea cercava un amico online, ma ha trovato chi ha sfruttato le sue fragilità. È un allarme sui pericoli del web.” La sorella gemella Anna, anche lei studentessa a Perugia, confida nella giustizia. Il legale Francesco Mangano aggiunge: “Questa tragedia sia un monito: la rete può essere un abisso per i giovani.”