Approvato un documento nel quale la magistratura contabile ribadisce la netta contrarietà all’impianto normativo del pdl Foti.
Roma – L’allarme era già nell’aria. Ora l’associazione dei magistrati della Corte dei Conti, riunito in assemblea permanente, ha messo nero su bianco in un documento approvato la sua “netta contrarietà”
all’impianto normativo del pdl Foti e all’emendamento, firmato dai relatori, che prevede tra l’altro la cancellazione di Sezioni giurisdizionali e di controllo e l’accorpamento delle stesse in sei macroaree. “Una modifica integrale e radicale degli attuali assetti geografici della Corte – affermano i magistrati – porterebbe nel breve e medio periodo alla paralisi delle funzioni, in particolare del servizio giustizia
contabile”.
Nel documento i magistrati, che si appellano alle forze politiche e parlamentari, chiedono di essere nuovamente auditi sulle proposte di emendamenti e rinnovano la richiesta di “intraprendere un effettivo confronto sulla riforma anche previa adozione di una legge delega che istituisca una commissione di
studio all’uopo designata”. I magistrati, che criticano nel suo complesso il progetto di legge che riforma la Corte, sono contrari in particolare all’emendamento che considerano ‘peggiorativo’ firmato dai relatori Kelany-Pittalis. Nell’emendamento, viene ricordato nel documento, “sono previste importanti modifiche.
Tra le modifiche c’è l’abolizione dell’attuale assetto della distribuzione degli uffici a livello regionale
mediante cancellazione di Sezioni giurisdizionali e di controllo e l’accorpamento delle stesse in sei macroaree, disponendo che le nuove Sezioni territoriali svolgano funzioni promiscue (consultive, di controllo, referenti, giurisdizionali) con turnazione periodica dei magistrati assegnati tra le varie funzioni. Si prevede poi la verticalizzazione, la gerarchizzazione e la centralizzazione dell’ufficio del pubblico ministero contabile, con perdita di quella territorialità imprescindibile nel garantire il corretto ed efficacie utilizzo delle risorse pubbliche in ambito regionale, compromettendo, altresì, l’autonomia e l’indipendenza della funzione requirente”.
E ancora, c’è la previsione di un vincolo nomofilattico del pubblico ministero agli indirizzi dettati dalle Sezioni Riunite; l’introduzione della separazione delle carriere dei magistrati requirenti dai magistrati delle sezioni giurisdizionali e di controllo; il depotenziamento del controllo concomitante in un accertamento a mera richiesta”. Secondo i magistrati amministrativi “l’efficacia delle funzioni della Corte non può prescindere dalla vicinanza ai cittadini ed alle amministrazioni nei confronti dei quali sono svolte, in coerenza con il disegno introdotto dalla Carta Costituzionale e che trova maxima espressione nelle Autonomie speciali”.
Viene ritenuto che “l’accorpamento delle funzioni di controllo e giurisdizionali in un’unica Sezione territoriale è in violazione con lo spirito degli articoli 100 e 103 della Carta Costituzionale”. “Una modifica integrale e radicale degli attuali assetti geografici della Corte porterebbe nel breve e medio periodo – affermano i magistrati – alla paralisi delle funzioni, in particolare del servizio giustizia contabile, in presenza di costi sociali ed economici non previsti e non quantificati, in netto contrasto con la dichiarata invarianza della spesa dell’emendamento (si ipotizzano trasferimenti d’ufficio di oltre 900 unità di personale amministrativo e di circa 200 magistrati)”.
Già i primi di dicembre il direttivo straordinario dell’Associazione Magistrati della Corte dei Conti, in stato di agitazione, nella settimana in cui era all’esame e al voto delle commissioni congiunte I e II della Camera, la proposta di legge Foti, aveva lanciato l’allarme. L’Associazione diceva “no a una riforma frettolosa e fuori sistema che introduce uno scudo tombale – in sostituzione dello scudo erariale in scadenza – sulla responsabilità amministrativa. Con una riforma così concepita – affermava in una nota il direttivo – il Paese si allontana dalla cornice europea, snaturando il controllo preventivo di legittimità che, concentrato solo sull’atto, non è idoneo a misurare l’efficienza e l’efficacia dell’azione amministrativa.